“Il centro non è una invenzione, né uno schema astratto, ma una esigenza avvertita dagli italiani”.
Saverio Romano è un centrista identitario. Deputato, coordinatore politico di ‘Noi Moderati, attento osservatore di cose e persone. Una voce mai banale, a prescindere dall’accordo o dal disaccordo sul merito delle osservazioni.
Un’esigenza, dice, onorevole?
“Sì, un recente sondaggio di Noto, citato anche da Totò Cuffaro in una intervista con voi, è chiarissimo: nove milioni di italiani che si definiscono moderati sono fuori dai partiti centristi e rappresentano la metà di quel 42 per cento che non vota”.
Perché, secondo lei?
“Non si tratta di un astensionismo di protesta, nel senso della rabbia, ma di delusione, di passioni spente. Vorrebbero una politica meno gridata e più concreta, ma non la trovano. Noi dovremmo essere in grado di mettere in campo iniziative per recuperarli. Per riprendere cioè quella classe media impoverita che non vota più. Un discorso che, in Sicilia, per la storia della nostra Isola, vale doppio”.
Eppure, le formazioni a denominazione centrista non mancano…
“Ma non basta dichiararsi di centro per occupare una posizione che risponda ai valori e ai principi dell’elettore moderato e deluso. Mi sembra che ci sia molta ipocrisia in giro. I moderati non sono fessi, prendono atto e non votano”.
Quali ipocrisie? Parliamo anche della Sicilia?
“Certo, parliamo anche della Sicilia. Non si è centristi con le clientele, o chiamando alle armi gli amici. Vede, nella Prima Repubblica, la politica aveva il salone principale, con le sue idee e con le sue alte visioni, poi c’era la cucina per le esigenze del territorio. Il salone, oggi, è stato chiuso. Resta soltanto la cucina, dove c’è tutto e il contrario di tutto”.
E perché ‘Noi moderati’ non fa incetta di voti?
“Siamo molto giovani, ma stiamo crescendo impetuosamente. Stanno imparando a conoscerci, perché diventiamo sempre più attrattivi. Piuttosto…”.
Piuttosto?
“Parlando sempre di Sicilia, veramente immaginiamo che il prossimo futuro possa essere affidato alle gambe di chi ha il futuro alle spalle? Ci vogliono i giovani. Io, che sono più giovane di tanti tornati alla ribalta, mi pongo il problema. E gli altri?”.
Fuori i nomi, onorevole…
“Non amo personalizzare. Ci sono persone che, anche in età avanzata, mostrano un confortante collegamento con la modernità”.
Cosa ne pensa del cosiddetto tridente Lombardo-Lagalla-Miccichè?
“Una iniziativa legittima. Ma in quello che accade, voglio essere brutale, vedo soprattutto modelli convenienti. La politica, negli ultimi tempi, purtroppo, fa quello che ritiene buono. E dovrebbe fare quelle che ritiene giusto”.
Come vede la ricandidatura del presidente Schifani?
“Parliamo di un’ottima figura politica, un profilo alto. Dipenderà tutto dalla sua volontà di proseguire un lavoro faticoso. Lui potrebbe non essere stanco, ma io starei attento, se fossi Schifani. Potrebbero essere certi compagni di viaggio a farlo stancare..”.