Scarface, Riesame conferma| il sequestro da 65 milioni - Live Sicilia

Scarface, Riesame conferma| il sequestro da 65 milioni

Confermato il carcere anche per il carismatico Willy Cerbo, figura di spicco della presunta organizzazione criminale scoperta dalle Fiamme Gialle. Ancora latitante il capomafia dei "Carcagnusi", sfuggito alla cattura nel corso del blitz. Ai domiciliari il finanziere Caccamo

 

il tribunale della libertà
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CATANIA – Il “tesoro” dei Carcagnusi resta nelle mani della magistratura catanese. Il Tribunale del Riesame ha, infatti, confermato in pieno l’ordinanza di custodia cautelare reale sugli immobili, le aziende e i conto correnti che erano stati posti sotto sequestro dalla Finanza nel corso del blitz Scarface, nome tratto dalla “fissazione” di uno degli arrestati, William Cerbo, per il film interpretato da Al Pacino nel ruolo di Tony Montana. Tra i beni sequestrati anche una poltrona, trovata in una sala giochi, molto simile a quella della pellicola hollywoodiana. Una decisione che mette in rilievo la solidità dell’indagine coordinata dalla Dda di Catania guidata da Giovanni Salvi. L’inchiesta, affidata al sostituto procuratore Jole Boscarino, ha una peculiarità (quasi) unica in quanto è contestato l’aggravante mafioso nel reato di bancarotta fraudolenta. Capo di imputazione che i giudici della Libertà hanno ritenuto ben fondato dall’apparato probatorio. Anche se si dovrà aspettare la deposizione delle motivazioni per capire cosa il Tribunale abbia valutato e come.

Sui dieci presunti appartanenti o vicini al Clan Mazzei, arrestati lo scorso 1 aprile, tre finiscono ai domiciliari (Di Grazia, Cantarella e Cirinno D’Assero), per gli altri indagati le accuse sono state pienamente confermate dal Tribunale del Riesame che ha deciso per il proseguimento della custodia cautelare in carcere. Nessun capo d’imputazione caduto, dunque, per il presunto vertice dell’organizzazione criminale, William Cerbo. Sebastiano “Nuccio” Mazzei (E non Santo come erroneamente riportato in precedenza), figlio del capomafia Santo, invece risulta ancora latitante.

Cerbo ha dimostrato, anche grazie alla sua preparazione universitaria, grandi doti manageriali e fiuto per gli affari. Il sistema messo su con prestanome e aziende “in crisi” avrebbe permesso grossi introiti al gruppo, ma dall’altra parte avrebbe portato al collasso imprese con ricadute gravissime su imprenditori e dipendenti. Prova, come la crisi, sia un terreno fertile per le organizzazioni criminali per “riciclare” denaro sporco e speculare guadagni illeciti.

Nel ciclone dell’indagine sono finiti anche sei militari della finanza, tra cui il luogotenente Caccamo che martedì scorso, su decisione del Riesame, è stato sottoposto agli arresti domiciliari in quanto è decaduto il reato di concorso esterno. Il Tribunale della Libertà aveva confermato i capi d’imputazione per i quattro dei colleghi accusati di omissione e false attestazioni. Per loro, già il Gip aveva disposto gli arresti domiciliari.

 


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