di Saverio Lodato
Studenti medi, universitari, ricercatori. Dopo giorni di mobilitazioni e lezioni all’aperto contro i provvedimenti del ministro Gelmini, ieri pomeriggio una grande manifestazione unitaria.
È un placido Don, e insieme impetuoso, il fiume giovanile che nel primo pomeriggio di ieri a Palermo si è riversato da piazza Castelnuovo, dopo essersi radunato sotto il Palchetto delle Musica, sino alla Cattedrale, dove sarebbe giunto alle prime luci della sera, fra lo sbigottimento di migliaia di palermitani, di uomini e donne delle forze dell’ordine; di extracomunitari che applaudivano; di bottegai, fossero essi gioiellieri o rivenditori di lingerie, rivenditori di scarpe o dolciumi della via Sant’Agostino o della via Bara, una volta tanto solidali con una protesta che ha paralizzato l’intera città; di turisti a spasso per il centro; di popolane ai balconi, alcune delle quali, c’è da giurarci, madri delle figlie che sfilavano in strada.
Quanto è strana Palermo. Quanto è imprevedibile. Quanto è restia a schemi, etichettature, previsioni d’ogni tipo. Quanto è capace di svegliarsi all’improvviso da profondi letarghi, senza mai un preavviso, un’avvisaglia, un segnale di fumo premonitore. E in quanti sono scesi in piazza ieri contro la Gelmini? Diciamo trentamila per tenerci bassi? Diciamo che erano più dei ragazzi che sfilavano in corteo nel «68». È lecito affermare che il fiume, placido e impetuoso, appena entrato nelle strettoie di via Maqueda e della via Vittorio Emanuele, sembrava ribollire, tanta era la gente e tanto poco lo spazio.
Povera Gelmini. Rischia di diventare il ministro che si fa avanti per prendere gli schiaffi. Che tenuta deve avere rispetto alla satira di questi ragazzi che non ci stanno. Sfilavano cartelloni e lenzuoli dei nuovi ragazzi di Palermo. Non una frase, non un aggettivo dal retrogusto ideologico. Più semplicemente: «Ministro Gelmini… Ma ‘nni pigghiasti pi cretini»?. «Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini». «La Gelmini ci vuole cretini».
Un gruppo di giovanissime si inginocchia e prega. Non capisco. Allora loro, ridendo, mi indicano un cartellone che ritrae la Gelmini con tanto di aureola e sopra la scritta: «Beata Ignoranza». Sfilano i licei. Il «Garibaldi», L’ «Umberto», il «Vittorio Emanuele», «il Meli», il «Cannizzaro», il «Galileo Galilei», l’ «Einstein». Le facoltà: «Medicina», «Economia e Commercio», «Lettere e Filosofia», «Ingegneria».
Centinaia gli insegnanti che rischiano di essere “tagliati”. C’è anche Vincenzo Agostino, con la sua interminabile barba bianca, ancora in attesa delle verità sull’uccisione di suo figlio Antonio, agente di polizia. Nella mattina, molte le lezioni all’aperto, oggi si replica in diverse zone della città.
Il placido Don passa sotto i balconi di «Scienze politiche occupata». I ragazzi del liceo linguistico, intitolato a Ninni Cassarà, hanno affittato con auto-colletta un camion che, attrezzato di amplificazione, introduce una gioiosa nota da Carnevale di Rio. Bare di cartone nero, a significare il rischio mortale che corre l’Università.
A un certo punto il placido fiume si rompe. Il fiume accelera la sua corsa. I ragazzi applaudono e cantano. Cantano a passo di danza. C’è voglia di kermesse. E sapete cosa urlano a squarciagola? «Siamo migliori di voi».
Ora, intonano tutti il ritornello di Jovanotti: «questo è l’ombelico del mondo… E’ qui che si incontrano facce strane di una bellezza un po’ disarmante…». Le facce strane dei ragazzi di Palermo, d’una bellezza un po’ disarmante, quelli che nessuno, sinora, aveva messo in conto.
saverio.lodato@virgilio.it
Da L’Unità di martedì 28 ottobre 2008