PALERMO – C’è un solo condannato per mafia, ma cade l’accusa che fosse il nuovo boss di Sciacca. Assolti e subito scarcerati un imprenditore, un ex consigliere comunale e colui che avrebbe fatto da intermediario nel presunto patto politico-mafioso in vista delle elezioni. Ed è proprio la parte che riguardava l’inquinamento elettorale che è caduta davanti al giudice per l’udienza preliminare Carmen Salustro.
Il blitz nel luglio 2024 fece luce sulla riorganizzazione di Cosa Nostra a Sciacca e accese i riflettori sui rapporti del clan con la politica e l’imprenditoria locale. Domenico Friscia (difeso dall’avvocato Teo Calderone) è stato condannato a 10 anni e otto mesi, contro una richiesta di 20 anni. Non regge l’ipotesi che avesse preso in mano la guida del clan, né lo scambio elettorale politico-mafioso.
Gli assolti sono: Giuseppe Marciante, nipote di Friscia (assistito dagli avvocati Concetta Rubino e Angelo Barone), titolare della Gsp Costruzioni, ritenuto dall’accusa la mente imprenditoriale del clan; Vittorio Di Natale, ex consigliere comunale (assistito dagli avvocati Ninni Reina e Nino Tornambè) e Rosario Catanzaro (avvocato Carlo Venturella).
Questi ultimi due sono accusati di scambio elettorale politico-mafioso. A Friscia e Marciante veniva contestata l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Il primo avrebbe “ereditato” lo scettro dal capomafia Totò Di Gangi. Di Natale raccolse poco più di 300 voti con la lista “Le Onde”, ma non bastarono a farsi eleggere. Non ce l’aveva fatta neppure nel 2017 quando ottenne oltre 1.100 voti alle Regionali candidandosi con Forza Italia, partito che poi aveva lasciato.

