PALERMO – I vecchi boss contro le nuove leve mafiose. In mezzo quella che il giudice per le indagini preliminari definisce “una pletora questuante” di cittadini.
Fanno la fila per chiedere favori ai mafiosi, nella totale assenza di punti di riferimento dello Stato. Sono loro la vera linfa della mafia di oggi che esercita il potere perché qualcuno riconosce l’autorità dei boss.
È uno spaccato sconfortante quello tracciato dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo e sfociato nel blitz con dodici arresti nel mandamento della Noce. Le ordinanze di custodia cautelare sono firmate dal Gip Claudia Rosini che ha accolto la richiesta del procuratore Maurizio De Lucia, dell’aggiunto Marzia Sabella del sostituto Giovanni Antoci.
Nel 2022 furono arrestati Giancarlo Seidita, reggente del mandamento Noce-Cruillas, e i capi famiglia della Noce e di Altarello, Guglielmo Ficarra e Pietro Tumminia.
Iniziò un periodo di fibrillazione per la successione. I vecchi mafiosi, nel frattempo scarcerati, Carlo Castagna e Renzo Lo Nigro volevano riprendersi il posto. Si creò una profonda spaccatura con Giuseppe Romagnolo, allora insospettabile commerciante di scarpe e considerato uomo d’onore riservato, e Antonio Di Martino. Questi ultimi sono considerati i nuovi capi mafia alla Noce e ad Altarello.
Lo Nigro e Castagna avrebbero siglato un patto iniziando attività illecite parallele a quelle dei capi autorizzati: spaccio di droga, riscossione del pizzo e risoluzione di controversie fra privati.
I nuovi boss venivano bollati senza giri di parole come “cose inutili”. Assieme ai vecchi avrebbe agito anche Salvatore Chiovaro che lo stesso Lo Nigro indicava
come un “infiltrato” nel gruppo avversario.
Dalle indagini è emersa la “convivenza di una parte della popolazione” che si rivolgeva a Lo Nigro e Castagna per piccoli e grandi favori. Cercavano “l’entratura” mafiosa.
Emblematico il caso di una donna che voleva aprire una pizzeria. “Siete le uniche persone che riescono a risolvere tutti i problemi. Mi dispiace ma è così”, diceva l’aspirante ristoratrice a Castagna.
Lo Nigro era disgustato dal comportamento dei nuovi boss: “La mia priorità lo sai qual è? Loro devono sapere che me ne sono uscito… ci siamo slegati… non abbiamo più niente a che spartire”. In realtà avrebbe iniziato a muoversi sottotraccia insieme a Castagna che la pensava alla stessa maniera: “La squadra che c’è per ora è una squadra contraria a quella nostra”.
Lo Nigro tagliava corto: “Non dare confidenza a Romagnolo”. Mentre era ancora detenuto Lo Nigro voleva aprire un ristorante nella zona di via Maqueda, ma dovette fare un passo indietro perché lì c’era il nipote del “patatone” – si trarrebbe di Onofrio Lipari di Porta Nuova – ma ottenne un ristoro di 2.000 euro”.
Il nuovo che avanza viene, dunque, identificato in Romagnolo. Di lui dicevano che era “uomo riservato”, un uno di quelli “che durano 100 anni”. Ci fu un incontro fra Lo Nigro e Romagnolo che lo rimproverò per il ritardo con cui si era fatto vivo dopo la scarcerazione: “… è da qualche venticinque giorni che aspetto con ansia”.
Le indagini avrebbero confermato il suo attivismo, anche nei rapporti con i mafiosi di altri mandamenti. Ad esempio è stato immortalato durante gli incontri con Mario Napoli, condannato alcuni mesi fa a vent’anni per avere fatto parte del mandamento mafioso di Resuttana.
Ora sono tutti in carcere, tranne uno. Il boss Fabio Chiovaro qualche mese fa ha finito di scontare la condanna.
“Appena si arricampa quello, parola d’onore, se non si mette in piedi dalla sedia a rotelle (Chiovaro ha avuto problemi di salute, ndr)… Quale turno? Ma quale turno deve aspettare, che fa scherzi? Tutti abusivi sono, per ora sono in affitto”, così diceva Castagna. “Tipo Robocop”, aggiungeva il suo interlocutore.
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