Prof condannata per "bullismo" | Le motivazioni della Cassazione - Live Sicilia

Prof condannata per “bullismo” | Le motivazioni della Cassazione

Ricordate la storia della prof che fece scrivere a un alunno: "Sono un deficiente?". Arriva il pronunciamento della Cassazione. Condanna definitiva.

PALERMO- Scatta il carcere per gli insegnanti ‘bulli’ – che rispondono con prepotenza al ‘bullismo’ degli allievi – perché non devono contrapporre, a comportamenti scorretti e violenti, risposte punitive altrettanto da mettere al bando. Applicando la ‘legge del taglione’, i ‘prof’ – ammonisce la Cassazione – “finiscono per rafforzare il convincimento che i rapporti relazionali (scolastici o sociali) sono decisi dai rapporti di forza o di potere”. Così i supremi giudici – sentenza 34505, della Sesta sezione penale – hanno confermato la condanna a 15 giorni di reclusione nei confronti di una docente che, per punire uno studente di 11 anni che aveva deriso un compagno, gli aveva fatto scrivere per cento volte sul quaderno la frase ‘sono un deficiente’.

Per la Suprema Corte, l’insegnante Giuseppa Valido, con cattedra in una scuola media statale di Palermo, è senz’altro colpevole “di aver abusato dei mezzi di correzione e di disciplina” ai danni di un ragazzino, G.C., per averlo “mortificato nella dignità” venendo così meno al “processo educativo in cui è coinvolto un bambino”, categoria nella quale – aggiunge la Cassazione rifacendosi alla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia – deve essere compresa ogni “persona sino all’età di 18 anni”. “Non può ritenersi lecito l’uso della violenza, fisica o psichica, distortamente finalizzata a scopi ritenuti educativi”, afferma l’alta Corte, “e ciò sia per il primato attribuito alla dignità della persona del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti”. E sia perché – prosegue il verdetto scritto dal consigliere Francesco Ippolito – “non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, tolleranza, convivenza e solidarietà, utilizzando mezzi violenti e costrittivi che tali fini contraddicono”.

Dunque la ‘prof’ merita una lezione – in carcere probabilmente non ci metterà mai piede perché scatterà la condizionale e poi si tratta di una pena bassa per la quale non si finisce il cella – per aver punito in una maniera così “umiliante” l’allievo che, secondo lei, stava tenendo “un atteggiamento derisorio ed emarginante nei confronti di un compagno di classe”. “Costituisce abuso punibile anche il comportamento doloso che – come in questo caso, dice la Cassazione – umilia, svaluta, denigra o violenta psicologicamente un bambino, causandogli pericoli per la salute anche se è compiuto con una soggettiva intenzione educativa o di disciplina”. I supremi giudici, però, hanno concesso all’insegnante uno sconto di pena – rispetto alla condanna d’appello pari a 30 giorni di reclusione – eliminando l’aggravante di aver provocato nell’adolescente un “disturbo del comportamento”, ipotesi avanzata dallo psicologo, ma non provata con certezza. In primo grado la docente era stata assolta, con rito abbreviato, dal tribunale di Palermo che aveva ritenuto il “singolare compito” commissionato all’allievo motivato dalla necessità di “un intervento tempestivo ed energico” che interrompesse la “condotta bullistica” dell’undicenne. In appello, il 16 febbraio del 2011, il proscioglimento fu annullato dopo il ricorso del pubblico ministero insorto contro il lasciapassare concesso a simili ‘prassi didattiche’.


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