PALERMO– “Io ho apprezzato molto la richiesta di zona rossa avanzata dal presidente Musumeci e sarebbe stato giusto accoglierla. Chiaramente ci sono problemi di natura economica, di attività produttive, di ristori e se ne prende, a malincuore, atto. Ma qui dobbiamo salvaguardare la salute delle persone e la tenuta del sistema sanitario regionale che sono i valori che contano di più e, a maggior ragione, durante una pandemia”.
Cristoforo Pomara, ordinario di Medicina legale, membro del Comitato Tecnico Scientifico regionale, ha sempre difeso con coerenza le sue posizioni. La salvezza di vite umane, la salvaguardia degli ospedali e adesso della campagna vaccinale sono le priorità assolute. Alla fine di una giornata cromaticamente variabile: il rosso per la Sicilia invocato dagli esperti del CTS, l’arancione vidimato dal ministro Speranza e l’arancione rinforzato stabilito dall’ordinanza del presidente Musumeci, il professore dice la sua con l’abituale nettezza
“Per me – spiega – la linea nazionale è schizofrenica. L’ho detto e lo ripeto. Non si può delegare la responsabilità alle regioni, tenendo il portafoglio chiuso, il tutto sulla pelle dei cittadini. L’arancione, in genere, e per il Paese e per la Sicilia, si è dimostrato una forma di contrasto blanda, anzi francamente inefficace e i numeri parlano chiaro. In questo momento ci vuole qualcosa di più”.
Non a caso, la linea del Comitato era stata rigida, come riassunto dal documento in cui si traccia un quadro preoccupante della curva sugli ospedali e sulle vaccinazioni. Gli esperti avevano chiesto tre settimane di zona rossa.
“Se non altro – incalza il professore – con l’ordinanza del presidente con misure a tre settimane si cerca di mettere un po’ in sicurezza la campagna vaccinale. Io, come docente, genitore e come cittadino, insisto sui vaccini al personale scolastico in forma prioritaria, a cominciare dai docenti di sostegno. Si tratta di una battaglia di civiltà. Non possiamo abbandonare la scuola. Si deve chiudere per riaprire a lungo e in sicurezza non certo per restare chiusi. Lancio una provocazione. Si apra alla didattica in presenza al cento per cento, allora. Il problema non è tra i banchi. Il problema sta nello shopping disordinato, non regolamentato, nelle strade e nelle piazze aperte, negli assembramenti, nei ragazzi che portano il contagio a casa. Si facciano allora ‘i saldi’ anche sui vaccini e si cambi il calendario a discrezione delle Regioni: facile dire in tv che la scuola è prioritaria e ai tavoli decisionali escluderla dalla campagna vaccinale. Un paese civile non può considerarla un elemento secondario”.
Intanto c’è un’ordinanza presidenziale che è una mediazione fra diverse anime. Non è il rosso invocato da chi interpreta i numeri e sa cogliere non solo il diagramma del presente, ma anche i potenziali esiti futuri, ma non è nemmeno il giallo che, a detta di tutti, sarebbe stato catastrofico per la Sicilia. Le prossime settimane diranno se questa è la direzione giusta.