Sicilia, sanità nel caos: troppa politica, la denuncia

“Sicilia: caos e politica nella sanità, ma andrà peggio…”

Parla l'ex primario del pronto soccorso di Villa Sofia.
INTERVISTA AL DOTTORE PULEO
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Dottore Puleo, qual è la situazione della sanità pubblica e dei pronto soccorso, a Palermo e in Sicilia, ma non solo a Palermo e in Sicilia?
“Attualmente drammatica, ma penso che, nel giro di qualche tempo, diventerà tragica, se non facciamo qualcosa”.

Aurelio Puleo, sessantadue anni, è andato in pensione, da primario del pronto soccorso di Villa Sofia, appena qualche settimana fa. Qui tratteggia un presente da brividi e prospettive che fanno tremare i polsi. E non è la prima volta che ne parliamo. Che ci occupiamo del caos della sanità in Sicilia.

Cominciamo dal particolare, dottore Puleo, quali sono i problemi dei pronto soccorso a Palermo?
“Innanzitutto c’è una distribuzione geograficamente asimmetrica. Nella zona Nord, durante il Covid, mentre il ‘Cervello’ lottava egregiamente contro la pandemia, siamo stati l’unico ospedale disponibile per il resto. Sono storie che lei ha già raccontato, mi pare”.

E poi?
“Poi c’è la fuga del personale che si manifesta ovunque, ma che risulta più grave in contesti difficili. I giovani medici non scelgono il pronto soccorso. Chi può, se ne va. Ma, in mancanza di turnazione, non va via nessuno. Si resta prigionieri”.

Come ne ‘Il deserto dei tartari’ di Buzzati?
“Esattamente. E’ il meccanismo della fortezza Bastiani. Il protagonista sogna di andare via, ma non ci riesce, perché non c’è il cambio”.

Invece, quando ha cominciato lei…
“… Era tutto diverso. Cominciavi con il pronto soccorso. Se ti appassionavi, restavi. Altrimenti, facevi altro. Ora, insisto, medici e pazienti sono, appunto, prigionieri di un estremo disagio”.

Lei ha appeso il camice al chiodo?
“No, collaboro con la Fondazione Gimbe del mio amico Nino Cartabellotta. Studiamo i numeri. Che non sono affatto confortanti, per la sanità pubblica”.

Perché?
“Un terzo dei medici ha più di sessant’anni. Si tratta di circa trentamila figure che, a breve, usciranno dal servizio sanitario e che verranno rimpiazzate, se va bene, solo in parte, dopo la pensione. Ma ci sono quelli che salutano prima, che finiscono nel privato, che si dedicano alla libera professione. Così gli ospedali, in particolare le aree d’emergenza, restano sguarnite”.

Lei, nel pronto soccorso, ha resistito…
“A caro prezzo, anche dal punto di vista della salute, per lo stress e il logorio. Certo, sono state più fortunato di tanti altri colleghi. Mi hanno insultato, ma nessuno ma ha mai picchiato”.

Che cos’è il pronto soccorso?
“L’unica porta sempre aperta per tutti. C’è il codice rosso. C’è il clochard disperato. C’è il ragazzino tossicodipendente. C’è la persona con una acuta sofferenza psichica. E vengono tutti da te”.

E la politica?
“Non mostra la giusta attenzione”.

E la politica sanitaria siciliana?
“E’ quella che si è accodata massicciamente all’andazzo nazionale, spalancando le porte al privato accreditato”.

Lei è contro il privato?
“No, anche perché è necessario. Ma il sistema deve funzionare. Abbiamo davanti agli occhi la Gran Bretagna che è in crisi, proprio per l’eccessivo ricorso al privato. Possiamo non commettere gli stessi errori, con la regolamentazione e con una effettiva integrazione?”.

Nella sanità siciliana le nomine sono per merito o per appartenenza?
“Dico solo che la politica entra totalmente nelle scelte e nelle nomine. E mi fermo qui”.

Il rischio che corriamo?
“Dire addio alla sanità pubblica e all’assistenza per tutti. Possiamo davvero andare a sbattere, è un pericolo concreto”.

Come il Titanic?
“E senza nemmeno l’orchestrina che suona”. (rp)

Aurelio Puleo primario Villa Sofia
Aurelio Puleo, in una foto d’archivio

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