PALERMO – Saltata l’opzione di un governo balneare, l’alternativa sarà una campagna elettorale sotto l’ombrellone. Le scosse di assestamento dopo lo tsunami causato dalle dimissioni di Mario Draghi si avvertono forti e chiare a tutte le latitudini. Sicilia in testa. E non risparmiano nessuno schieramento. “C’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole, andiamo avanti tranquillamente”, sembrano fischiettare i progressisti alle prese con le presidenziali.
La macchina delle presidenziali va avanti
La macchina non si ferma, l’alleanza tra dem e pentastellati in Sicilia nonostante tutto non è messa in discussione. Anthony Barbagallo e Nuccio Di Paola confermano che si va avanti (al netto delle scintille tra Claudio Fava e Giancarlo Cancelleri e salvo soprese dell’ultima ora). Sabato si vota e le registrazioni, a poche ore dalla chiusura della piattaforma, toccano quota 36000. Il Pd, tirato dalla giacca da vari attori politici centristi (calendiani, renziani e boniniani), va dritto per la sua strada e stasera a Catania chiuderà la campagna elettorale di Caterina Chinnici. Restano, al momento, cucite le bocche degli esponenti delle correnti di minoranza. Nessuna voce si leva da Base Riformista. Gli orfiniani di Left Wing non si sbilanciano. “Prendo atto della decisione di proseguire e mi comporterò di conseguenza”, commenta il deputato ed ex segretario regionale del Pd Fausto Raciti. Il deputato Erasmo Palazzotto, dem di seconda generazione, chiude la porta a Faraone. “Matteo Renzi e Italia Viva invece di preoccuparsi di cosa farà il Partito democratico in Sicilia, si occupino della coalizione con cui governano a Palermo. Da chi è in giunta con FdI non accettiamo lezioni”, risponde.
Il voto anticipato e gli scenari: caos nel centrodestra
Il voto anticipato (con la data del 25 settembre in pole position) tuttavia non potrà non avere effetti sullo scenario politico siciliano soprattutto se dovesse andare in porto “la pazza idea” election day (ipotesi al vaglio del presidente Musumeci che potrebbe decidere di dimettersi). Questa ipotesi sta già accelerando le grandi manovre interne al centrodestra che domani si riunirà per un vertice regionale chiamato a trovare la quadra sul bis di Musumeci. Le vicende romane compattano la coalizione sì, ma i malpancisti assicurano di essere pronti a fare ai meloniani (ammansiti dal gradito regalo del tutti a casa confezionato da Lega e Forza Italia) una proposta che non si può rifiutare. La concomitanza degli appuntamenti elettorali consentirebbe a Musumeci anche una exit strategy romana più che onorevole, o almeno così sperano gli alleati riottosi. Forse anche per questo i coordinatori di Fratelli d’Italia, Giampiero Cannella e Salvo Pogliese, imboccano la strada della prudenza chiedendo a Miccichè di rinviare tutto dopo la riunione del tavolo nazionale, “perché con senso di responsabilità si affrontino gli scenari in un quadro globale, senza litigiosità e senza correre il rischio di fughe in avanti”. Le elezioni anticipate inoltre consentirebbero di ripescare un po’ di nomi e poltrone (al netto del taglio dei parlamentari causato dal referendum) e di ridisegnare anche la geografia degli amministratori locali (con tanti sindaci che potrebbero optare per un seggio romano). Resta il punto di domanda sulle future alleanze del Pd dopo la rottura a livello nazionale con i pentastellati e la collocazione della galassia liberale sullo scacchiere romano. Insomma, siamo appena all’inizio.