Premettiamo una cosa. Subito ed a scanso di equivoci. Le parole di tal deputato Auteri nei confronti dell’onorevole La Vardera sono indegne di qualsiasi consesso civile, figuriamoci di un Parlamento dove si è – si dovrebbe almeno essere – chiamati ad esercitare un ruolo con disciplina ed onore come recita il testo del giuramento pronunciato da tutti i deputati e le deputate.
Ad Auteri, di cui non ricordo un singolo atto parlamentare o un intervento entrato nella memoria, dobbiamo riconoscere il merito di aver- suo malgrado- sollevato e fatto arrivare sulle cronache nazionali una questione profonda.
Che va ben oltre le migliaia di euro distribuiti con le finanziarie e gli interventi legislativi di questi due anni. E che interroga il tema del potere, del consenso e del ruolo stesso di un Parlamento che ama pomposamente definirsi “il più antico del mondo” e, probabilmente in ossequio a tale definizione, agire come una corte di principi di una signoria del XV secolo. Senza, peraltro, contribuire al Rinascimento.
In questi anni l’Ars ha elargito milioni e milioni di euro a comuni, associazioni, eventi. Dentro ci si trova di tutto. Interventi meritori e altri al limite del buon gusto. Per gli uni e per gli altri il meccanismo è stato, trasversalmente, lo stesso.
Una sorta di bancomat prepagato, con soldi pubblici, messo nelle mani dei 70 deputati e con cui fare ciò che meglio aggrada. Certo l’utilizzo di questi fondi ci potrebbe raccontare molto dei singoli e delle singole deputate. Finanziare un centro culturale o la sagra della porchetta non sono esattamente la stessa cosa. Ma il meccanismo è stato lo stesso. Identico tra Auteri e i suoi colleghi.
Auteri, cioè il suo disinvolto uso dei fondi, è il ‘bubbone’. Non la malattia. Il sintomo di una condizione degenerativa della politica in questa terra ed in quel Palazzo. Ed è riassumibile nell’arroganza di un potere concentrato quasi esclusivamente, e senza voler generalizzare, nella tutela del proprio interesse. Elettorale e di consenso.
Un’arroganza cosi sfacciata da mettere nero su bianco in gazzetta ufficiale clientele ed interessi. Sempre nel nome del “territorio” che va difeso e aiutato. Solo che territorio si traduce in collegio elettorale.
Ed è cosi che il comune che ha la fortuna di aver un deputato eletto può ottenere fondi per una villetta o un parco e il comune accanto, che questa fortuna non ha avuto, niente.
È cosi che le aziende di una provincia possono avere il contributo per contrastare il caro foraggio e l’azienda che sta dall’altra parte della Statale, in un’altra provincia, sta a guardare. Non sono fantasie ma atti approvati dall’aula parlamentare e diventati norma di legge.
E di esempi cosi potremmo farne centinaia. Sagre, festival neomelodici, mercatini di natale. C’è ampia scelta nel market Ars per investire 50, 100 o 300mila euro. Sagre in cui i deputati “padrini” si fanno vedere felici negli stand o sui palchi a ricevere il giusto tributo. Oggi di applausi. Domani di preferenze.
Ma perché tutto questo? Perché la spartizione, ed è il segreto di Pulcinella, di fondi pubblici ad uso e consumo dei deputati serviva a garantire un rapido e indolore voto ai documenti finanziari proposti dal governo.
Un sistema in cui alla fine erano tutti felici. Il governo che non si trovava nel Vietnam d’aula, i parlamentari che potevano presentarsi da sindaci ed associazioni con pacchi dono manco fossero babbo natale fuori stagione. E se non rientravi nella suddivisione, beh, la colpa era tua che non eri andato in pellegrinaggio da qualche deputato.
Sindaco o associazione culturale il messaggio devastante e sottovalutato resta lo stesso: senza un deputato di riferimento a cui portare ossequi e voti resti a bocca asciutta. Pensaci alle prossime elezioni. Un meccanismo, al netto delle vicende giudiziarie penali e contabili, che si è finto, e si finge ancora, di non vedere. Guardando il dito e non la luna.
Perché in questa Sicilia, con collegi elettorali trasformati in satrapie, la politica non si pone il tema di una visione organica. In fondo in questa terra dove, nelle stesse ore in cui si consumava il siparietto davanti ai monumentali bagni dell’Ars, mezza Isola aveva i rubinetti a secco e l’altra mezza era allagata da piogge e fiumi esondati, puoi tollerare tutto.
La sanità lottizzata, le istituzioni culturali spartite come spoglie del nemico vinto, il fiume di denaro sprecato per Seesicily, i concerti pagati con fondi pubblici. Ma mai puoi tollerare di non aver una sagra nel tuo paese o borgo. Sempre nel nobile nome della difesa degli interessi del territorio.
(L’autore è esponente della segreteria regionale e della direzione nazionale del Partito democratico)