PALERMO – “Mi sono reso conto di avere sbagliato e me ne sono pentito, essendo andato oltre il mio incarico professionale. Sono pentito nei confronti della collettività e anche dell’ordine professionale a cui appartengo. Chiedo perdono anche per la mia famiglia e per i miei figli figli”.
Sono le prime parole pronunciate, il 4 ottobre scorso, dall’avvocato Alessandro Del Giudice davanti ai pubblici ministeri Gaspare Spedale e Giorgia Righi della Direzione direzione distrettuale antimafia di Palermo. Da poco meno di un mese il legale è stato arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e usura. Ha deciso di collaborare con la giustizia. Gli viene contestato di essere diventato il messaggero di Pietro Formoso. Avrebbe portato fuori dal carcere i messaggi del trafficante di droga, a cui sarebbe successivamente contestato il reato di associazione mafiosa.
Inizialmente il rapporto era solo ed esclusivamente di carattere per professionale. “Pietro Formoso nel 2013 mi chiese di seguire le sorti processuali del fratello Giovanni, ergastolano al 41 bis (è stato condannato assieme al fratello Tommaso per la strage di via Palestro a Milano).
Fu Giovanni Formoso a chiedergli di parlare con il fratello Pietro “perché c’era un avvocato che poteva risolvere tutti i problemi in Cassazione”. Circolava la voce in carcere che un avvocato “avrebbe potuto corrompere il presidente della sezione della Cassazione che si occupava del giudizio di revisione… lui mi disse qualcosa del tipo ‘il nero lo fa diventare bianco’.”
Del giudice non ricorda il nome del presidente della sezione della Cassazione. Ad un certo punto l’aspirante collaboratore ricevette “un pacco postale” da Pietro Formoso: “Si trattava di un biglietto dove Formoso Pietro aveva indicato il nome e cognome dell’avvocato, il numero di telefono e dove trovarlo, nonché le ragioni ossia cercare di risolvere la questione con il presidente della sezione della Cassazione. Era chiaramente qualcosa di corruttivo”.
Del Giudice fece il passo successivo: “… ho contattato l’avvocato… l’ho incontrato sul lungomare di Salerno e abbiamo parlato. Lui mi ha detto che il presidente della sezione di Cassazione era andato in pensione da poco e che comunque lui queste cose non le faceva anche perché la moglie era un commissario di polizia”.
Del Giudice riferì dell’incontro a Pietro Formoso che gli disse “lascia stare più in là si vede”. I rapporti con i Formoso diventavano sempre più stretti. Ad esempio cercò di evitare, con una pratica di usucapione, di “poter salvare il salvabile” e cioè evitare che alcuni immobili dei fratelli venissero confiscati.
“Da quel momento con Pietro Formoso è nata un’amicizia – racconta Del Giudice – lui giocava ogni giorno 400, 500 euro di gratta e vinci, aveva una grandissima disponibilità economica. Lui era un imprenditore, sapevo che era vicino ad ambienti criminali ma all’epoca non sapevo che era mafioso. Però sapevo che aveva diverse conoscenze”.
Che fosse un mafioso lo avrebbe capito molto presto. Del Giudice racconta che “Formoso mi ha presentato diversi mafiosi come Filippo Bisconti, Giulio Gambino di Santa Maria di Gesù, Pietro Lo Iacono entrambi deceduti. Mi ha presentato anche Cillari, non ricordo il nome. Siamo andati anche nella macelleria dei fratelli Di Giovanni (Tommaso e Gregorio Di Giovanni, boss detenuti di Porta Niova ndr). Mi ha presentato anche Angelo Casano che poi è diventato collaboratore di giustizia. E anche Giuseppe Trinca, detto Pino”.
Ci sono degli omissis a coprire il verbale. Si legge, però, che “solo Pizzurro e Formoso mi hanno chiesto di portare pizzini. Ho conosciuto anche i fratelli Lo Cascio di Brancaccio, Giuseppe Greco, Pino Greco di Santa Maria di Gesù. Pietro Formoso mi diceva che erano mafiosi, che erano persone influenti di mettermi a disposizione dal punto di vista legale. Io sono stato il portavoce di Formoso Pietro sono molto pentito di questo”. Ed è solo l’inizio della sua collaborazione.