Eccoci, ancora a Palermo. Di nuovo al Teatro Biondo. Buttanissima Sicilia, lo spettacolo di cui tu, caro Peppino, firmi la regia, torna a grande richiesta. Bravi, bravissimi Salvo Piparo, Costanza Licata e Irene Salerno. Bravissimo tu!
“Hai visto il nuovo sold out? Tra gennaio e marzo abbiamo già riempito per due volte la grande platea e le gallerie del grande teatro in ogni ordine e grado. Ma non è bastato. A grande richiesta siamo tornati sul palco e sabato abbiamo registrato un altro strepitoso successo…”
Un pienone, dunque?
“Primo pienone delle nuove quattro serate in cartellone…”
E’ la sete di risate?
“O forse la fame di lacrime per questa disgraziatissima Sicilia, chissà”.
Ma lo sai che ho incontrato la dottoressa Patrizia Monterosso?
“Dove l’hai incontrata?”
A Roma, piazza di San Lorenzo in Lucina. Era in conversare con Fausto Raciti, il segretario regionale del Pd.
“Allora sono al secondo incontro?”
In che senso?
“Si sono già incontrati la settimana scorsa, a Palermo”.
E la questione deve essere proprio complicata. In ogni modo. Ho salutato lei, ho salutato lui. E lei, sempre soave, mi ha – con tanta gentilezza, nevvero – rimproverato l’eccessiva ostilità verso il presidente. Non ho avuto neppure il tempo e il modo di invitarla al Biondo.
“Ma lei è una sorta di santissima madre protettrice del presidente”.
E lei…
“…non ho finito. Me la vuoi dare un po’ di libertà di stampa?…”
Prego.
“Lei, dicevo, è una sorta di Maria Ausiliatrice. Nei tre anni in cui la disgraziatissima Sicilia ha dovuto subire i governi dell’impresentabile Crocetta lei è stata sempre in prima linea: ha consigliato il Presidente su ogni nomina, su ogni passo amministrativo, su ogni intervento in giunta o in Aula. Da qualche settimana lo assiste anche nei rapporti con la politica. Quando il nostro tragico Governatore si è recato alla segreteria regionale del Pd, per concordare il Crocetta Quater – insisto: quattro governi in tre anni – si è fatto ovviamente accompagnare dalla sua madonnina… lui sa che un sorriso di lei riesce ad abbattere muri apparentemente ostili o insormontabili…”
In un certo senso lei è quello che fino a qualche giorno fa Franco Gabrielli era per Ignazio Marino: badante. In fondo, i due si somigliano.
“I due, chi?”
Marino e Rosario Crocetta, due casi umani più che due inciampi della politica renziana…
“Questo è certo. Renzi ha già fatto fuori il primo, adesso cerca di capire come trovare una via d’uscita per il secondo. Anche Crocetta, del resto, con la sua inconcludenza è ormai diventato una fabbrica di voti per i Cinque Stelle”.
Inutile enumerare i disastri
“Inutile. Ed è anche facile immaginare che il quarto governo sarà il peggiore di tutti. Un governo che finirà per raffazzonare quattro clientele. Un governo di minoranza rispetto alle aspettative della gente. Rivoluzionerà gli assessorati che non hanno mai funzionato, darà numeri a casaccio, metterà tra parentesi otto miliardi di debiti da pagare, assicurerà ai novanta deputati dell’Ars…”
Sia quelli della maggioranza, sia – a maggior ragione – quelli della cosiddetta opposizione…
“…assicurerà loro, con la sua permanenza al vertice della Regione, il ghiotto stipendio che deriva dalla loro indecente poltrona…”
Farà teatrino.
“Lui farà il suo e noi faremo il nostro. Buttanissima, infatti, si rinnova. Lo spettacolo è tutto nuovo. C’è il pilone dell’autostrada, c’è la trazzera, c’è la tuta di Tutino, ci sono i beni confiscati e le vergogne dei magistrati con le mani in pasta, ci sono le trivelle e le bottiglie di champagne, insomma: la realtà ci costringe ad aggiornare continuamente il canovaccio”.
Certo, Rosario Crocetta ha proprio devastato tutto il vocabolario delle speranze.
“Altro che, ha mascariato l’idea dell’antimafia; ha sporcato l’idea della rivoluzione”.
Che rabbia se ci pensi.
“Se ci penso, cosa?”
Ai tanti fiori di Sicilia nel giardino delle più Alte Istituzioni.
“Vero, ma che cosa vedono i siciliani di questo sfavillio di potere? Gli aerei di stato parcheggiati a Punta Raisi nel fine settimana. Pensaci: c’è quello di Sergio Mattarella”.
Sacrosanto.
“Poi quello di Pietro Grasso, presidente del Senato”.
Doveroso.
“Quindi quello di Angelino Alfano, ministro dell’Interno”.
Ci mancherebbe. Quello, Alfano, ha il peso suo. Renzi fa solo quello che gli dice lui di fare. Angelino è uno ‘ntiso.
“Quanto lusso, quanto cerimoniale, quanti secchi colpi di tacco”.
Tutti sugli attenti.
“Dal lunedì al venerdì calma piatta in aeroporto, i poveri agenti in servizio se ne stanno mobilitati come i soldati del tenente Drogo nel Deserto dei Tartari, in attesa dell’invisibile, ma al fine settimana è tutto una giostra di pulizieri, pompieri, brigadieri, semplici carabinieri, corazzieri! Certo, non puoi pensare che siano lì ad accogliere Totò Cardinale o il senatore Peppe Lumia…”
Ma Gianni & Riotto, il portabandiera del renzismo, non li accompagna?
“Ma allora è vero che la fissazione è peggio della malattia”.
E comunque è proprio così, tutti fiori di Sicilia sono quelli che vanno a finire nelle Alte Istutuzioni.
“La Sicilia, da terra di conquista è diventata patria di conquistatori. Altra storia, altra grande pena… Sì, la pena per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. Mattarella, Grasso, Alfano probabilmente fanno di tutto per non farsi riconoscere come siciliani…”
Peccato che con tutti questi fiori, il loro profumo va a rinfrescare altrove.
“Te la posso fare, io, una domanda?”
Certo che sì.
“Ma cosa volete fare tu, Claudio Fava e Fabrizio Ferrandelli con il vostro incontro di giorno 23 al centro Mondadori di Palermo?”.
Vogliamo dire ‘Noi siamo qua”. E lo diciamo per fare politica in Sicilia. Con l’unico mezzo efficace: la mobilitazione di tutti. Francesco Merlo mi ha detto ‘Noi siamo qua’. La salvezza non può arrivare dai partiti, dagli apparati o dalle clientele. È politica, non campagna elettorale. L’unica strada è l’indignazione della gente. E noi siamo qua per svegliare in noi stessi – grazie alla sapiente lucidità di Claudio Fava – delle domande. Non ci si interroga, infatti, sul motivo vero della scorta assegnata a Lucia Borsellino; sull’indifferenza ostentata da Matteo Renzi verso la Sicilia, la cui cancrena trascina tutta l’Italia; sulla sfacciata operazione di massacro sociale perpetrato ai danni di cinque milioni di siciliani costretti all’immobilità economica e commerciale pur avendo, per collocazione geo-politica e per proprio patrimonio, un indubbio vantaggio. Per un turista che abita ad Ancona è più facile andare alle Baleari che a Marzameni. Per non dire della qualità della vita.
“E dov’è la politica?”
In due passaggi fondamentali: il danno fa novanta e sono novanta i veri nemici della Sicilia. Il ragionamento è semplice: non si può stare in una istituzione al cui vertice c’è Crocetta; ma lui passa perfino in secondo piano quando ci sono novanta parlamentari che lo tengono in piedi per non lasciare una poltrona ricca ma indecente. Fabrizio Ferrandelli, caso unico, non ha annunciato le dimissioni. Le ha date. Ha dimostrato di essere coraggioso coi fatti e non a chiacchiere. Ha fatto quello che, ahinoi, non hanno fatto i Cinque Stelle. Ma sono sicuro che giorno 23, i deputati di Beppe Grillo un segnale chiaro lo daranno. E così anche Nello Musumeci. Deve pur diventare bellissima, la Sicilia.
“Secondo passaggio?”
L’abolizione dello Statuto speciale, la cancellazione dell’Autonomia. E su questo, caro Peppino, come su tante altre cose, rubo la farina del tuo sacco. È bellissima cosa l’Autonomia. Per noi siciliani, poi, è una vera e propria Rolls Royce. Solo che il motore è fuso.