Spese "pazze" all'Ars| "Condannate gli onorevoli" - Live Sicilia

Spese “pazze” all’Ars| “Condannate gli onorevoli”

Palazzo dei Normanni, sede dell'Ars

Le richieste di pena della Procura

PALERMO – La Procura ha chiesto la condanna di tutti e sei gli imputati del processo sulle “spese pazze” all’Assemblea regionale siciliana. Queste le pene invocate dal pubblico ministero Laura Siani: Cataldo Fiorenza (4 anni e 3 mesi), Giulia Adamo (3 anni e 9 mesi ),Giambattista Bufardeci (3 anni), Rudi Maira (3 anni e 6 mesi), Livio Marrocco (3 anni e 6 mesi), Salvo Pogliese (4 anni e 3 mesi). Gli ex deputati regionali sono imputati per peculato davanti al collegio presieduto da Fabrizio La Cascia. Pogliese, attuale sindaco di Catania, in caso di condanna e per l’applicazione della legge Severino, rischierebbe la decadenza.  

Si tratta di una tranche di una maxi inchiesta della Procura che nel 2014 portò alla notifica di una ottantina di avvisi di garanzia per altrettanti onorevoli e impiegati dei Gruppi parlamentari. L’accusa era che avessero impiegato per fini personali i soldi assegnati per l’attività istituzionale. Per alcuni indagati è stata la stessa Procura a chiedere e ottenere l’archiviazione. Altri sono stati prosciolti all’udienza preliminare. La Corte dei Conti ha emesso pesanti condanne per danno erariale.

A giudizio sono finiti i sei sotto processo oggi, due parlamentari giudicati e condannati in abbreviato e altri che hanno patteggiato la pena. Per il gup che dispose i proscioglimenti, decisione che poi resse in Cassazione, per potere contestare il reato di peculato devono verificarsi due condizioni: “La prima è che vi sia prova del fatto che sono state effettuate da parte del parlamentare regionale delle spese attraverso i contributi erogati dall’Assemblea Regionale Siciliana in capo a ciascun gruppo parlamentare, mediante l’esibizione della relativa documentazione fiscale, contabile ed extracontabile.

“La seconda condizione – si leggeva nella motivazione – è che vi sia prova del fatto che quella spesa sostenuta dal parlamentare regionale e comprovata dalla documentazione fiscale acquisita agli atti, sia stata diretta a perseguire un fine non rispondente a quello istituzionale per il quale era stato in precedenza erogato il contributo, essenzialmente legato al funzionamento del gruppo parlamentare che ne è stato il beneficiario”.

Sono condizioni che, secondo la Procura, sarebbe presenti nell’operato degli imputati. Da qui la condanna. A novembre ci saranno due udienze dedicate ai difensori. Poi la sentenza. Oggi Marrocco ha reso dichiarazioni spontanee per respingere le accuse.

 


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