Ho letto con attenzione l’articolo sulle polemiche nate attorno alla festa di Matrimonio del figlio di Totò Cuffaro, coincisa con l’anniversario della strage di via D’Amelio. Capisco la sensibilità del tema, ma credo sia giusto chiarire alcuni punti.
C’è un punto che ritengo vada sottolineato con altrettanta forza: non possiamo usare la memoria per creare nuove divisioni o per stabilire chi ha il diritto di commemorare e chi no.
I martiri della mafia appartengono a tutti, anche a chi come me, ha partecipato alla festa del 19 luglio , e come tanti altri ha fatto entrambe le cose partecipando alla commemorazione di Borsellino, con coscienza e senza ipocrisia.
Non possiamo usare la memoria come strumento per dividere o per escludere. È giusto pretendere attenzione dai rappresentanti pubblici, ma non si può ridurre ogni loro gesto a un simbolo negativo. Totò Cuffaro ha pagato il suo debito con la giustizia ed è stato riabilitato. Oggi ha anche il diritto di vivere un momento familiare senza che diventi un processo pubblico.
E lo stesso vale per Gaetano Galvagno, è stato con noi alla festa, in modo sobrio e rispettoso. Usare una sua foto per attaccarlo è scorretto e pericoloso.
L’antimafia ha bisogno di rigore, ma anche di equilibrio. Se vogliamo davvero onorare Falcone e Borsellino, dobbiamo farlo insieme, evitando di trasformare il ricordo in uno strumento di contrapposizione. Perché la memoria è patrimonio comune, non terreno di scontro.
In un Paese che ha bisogno di legalità e unità, non possiamo permetterci di usare il ricordo come un’arma: dobbiamo continuare a fare memoria insieme, anche se non sempre siamo tutti uguali o d’accordo su tutto. Stefano Cirillo, Segretario Regionale Democrazia Cristiana
Nessun attacco, solo una riflessione, nel mio articolo che invito a rileggere. Proprio perché la memoria è di tutti, va maneggiata con estrema cura. Cordiali saluti (rp).

