Si smette di essere mafiosi in due modi. Da morti o da pentiti. Ma Cosimo Vernengo meriterebbe di stare in una categoria a parte.

La massoneria come “mafia parallela” che consente i contatti con i colletti bianchi.

Le armi arrivano nei borsoni, lo schema è studiato a tavolino, furti di bancomat a Milano e spedizione di armi a Catania “con i camion”: consegna del materiale “al Fortino”, luogo simbolo della città e della malavita. TUTTI I VERBALI

Ci sono i collaboratori dal cognome pesante che, però, hanno appena fatto in tempo a vivere la stagione dei padri. E ci sono quelli che si limitano a dirigere il traffico nella miseria di Cosa nostra. Sanno poco degli omicidi e dei grandi patrimoni ripuliti chissà dove e come.

Nuova puntata nella vicenda giudiziaria che coinvolge il numero uno di Confindustria Sicilia, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Spietati killer autori di efferati delitti anche con armi da guerra. I segretari del clan finito al centro della retata dei carabinieri.

I due pentiti erano entrambi presenti, seppure con ruoli diversi, alla riunione del 9 dicembre 2012, giorno in cui, in un appartamento del rione Ballarò, si discusse anche dell’organizzazione dell’attentato ai danni del pubblico ministero Antonino Di Matteo.

I collaboratori vengono citati uno dopo l'altro. La loro memoria si riaccende e i processi si popolano di fantasmi. Come quello sulla trattativa Stato-mafia che si sta celebrando in Corte d'assise a Palermo. Da Il Foglio oggi in edicola.

I supremi giudici hanno annullato, senza rinvio, la condanna a 13 anni inflitta a Vincenzo Salvatore Onorio, imprenditore caseario di Gibellina, accusato di essere vicino a Matteo Messina Denaro.

ESCLUSIVO Di fronte alla disperazione di un'intera nazione l'imprenditore Carmelo Virga, originario di Marineo e colpito da un sequestro antimafia miliardario, rideva di gusto pensando agli affari per la ricostruzione. E saltano fuori possibili contatti con un uomo del ministero degli Esteri per accaparrarsi i lavori.

Dai verbali dei collaboratori di giustizia il sistema che ha reso Nuccio Mazzei il "boss dei boss". Fino all'arresto della polizia dopo la latitanza.

Mestiere complicato quello del magistrato antimafia a Palermo. Costretto a muoversi fra la paura legittima, l'esigenza di verità e la difficoltà di verificare l'attendibilità dei collaboratori di giustizia.

Detto "gnoccolo", fu arrestato nel blitz Stella Polare (Nella foto un'immagine dell'operazione).

Il processo Argo si conclude con una raffica di pensanti condanne, nonostante lo sconto previsto dalla scelta del rito abbreviato. Riconosciuta l'attendibilità dei pentiti Antonino Zarcone e Sergio Flamia (nella foto).

Le parole di Nino Di Matteo (nella foto) in commissione Antimafia: "Va rafforzato l'aspetto premiale per chi inizia a collaborare con la giustizia denunciando la corruzione, forse sarebbe utile inserire norme simili a quelle antimafia".