PALERMO – Ci sono la vendita delle quote Gesap, lo slittamento delle assunzioni e dell’aumento delle ore per i comunali, le misure anti-evasione con la chiusura dei negozi in debito col Comune, l’accorpamento delle circoscrizioni, l’aumento dell’imposta di soggiorno, un possibile accordo con lo Stato che significherebbe quasi il raddoppio dell’Irpef e una riscossione della Tari da far invidia alle città più virtuose contestata dagli stessi dirigenti che dovrebbero realizzarla. Il sindaco Leoluca Orlando presenta il piano di riequilibrio del comune di Palermo con un obiettivo chiaro: evitare il dissesto ormai prossimo, cogliendo l’occasione per annunciare una grande riforma della macchina comunale e contando su centinaia di milioni che dovrebbero arrivare da Roma. Il problema è che passare dalle parole ai fatti sarà più complicato del previsto.
Il piano approvato in giunta sabato sera e presentato oggi in conferenza stampa deve infatti fare i conti con un parere negativo del Ragioniere generale, uno scontro senza precedenti fra la stessa Ragioneria e la Direzione generale che ha coordinato il piano, una percentuale di riscossione Tari (pilastro dell’intero sistema) contestata dagli uffici e una serie di decisioni altamente impopolari che, sebbene previste per gli anni a venire, vengono comunque messe nero su bianco. Per non parlare dei soldi da Roma di cui ancora non v’è alcuna certezza.
Ma il vero problema sono i tempi risicatissimi: la delibera andava approvata dalla giunta a fine ottobre ed è invece arrivata a ridosso del Natale; ammesso che i Revisori dei Conti diano parare questa settimana, il consiglio avrebbe lunedì 27 e martedì 28 per approvare un piano ventennale da 1,7 miliardi di euro che rappresenta una pesantissima ipoteca sui prossimi quattro sindaci. Tutto con una campagna elettorale alle porte e una maggioranza in Aula ridotta ai minimi termini.
L’unica speranza del sindaco è che le opposizioni optino per il pre-dissesto, tenendo il numero legale a 16 e facendo così bastare i voti degli orlandiani che dovrebbero comunque assumersi la responsabilità di votare un piano lacrime e sangue su cui gli uffici hanno dato parere negativo, con tutte le conseguenze del caso. “Il consiglio comunale adesso dovrà dire cosa preferisce, se il piano o il dissesto” ha detto il primo cittadino ai giornalisti, accompagnato dall’assessore al Bilancio Sergio Marino e da quello al Patrimonio Toni Sala. Il ragionamento del Professore del resto è presto spiegato: “Chi non ha niente da perdere preferisce il dissesto, chi invece pensa a governare sa che è meglio questo piano. Da Roma non vogliono il dissesto e io mando un messaggio di speranza”.
Il punto è che il ragionamento deve fare i conti con una serie di variabili e incognite di difficile previsione: se entro il 28 non arriverà il via libera, il dissesto scatterà in modo automatico ma è probabile che per quella data non ci sia ancora certezza dei fondi romani. Fondi che, secondo il sindaco, potrebbero bastare per chiudere il bilancio 2021 e quelli a seguire: “Vedremo se ci sarà la possibilità di approvarlo senza il riequilibrio”. Un’apertura alla proposta fatta da Ugo Forello proprio in un’intervista a Livesicilia e che consiste nella revoca della delibera che ha dato il via all’iter del pre-dissesto per evitare la tagliola di fine dicembre. Adesso la parola passa al consiglio, dove il Professore cercherà sponda fra le opposizioni.
IL GIALLO DELLA TARI
Sul Piano va anche in scena uno scontro senza precedenti fra i massimi esponenti della burocrazia comunale. Da un lato il Ragioniere generale che ha dato parere negativo alla delibera giudicando le misure “mere ipotesi non suffragate da elementi sostanziali”, sostenute “dall’approvazione di atti che non lo sono ancora” e senza tenere in considerazione l’aumento della copertura per i servizi a domanda individuale (dalle mense agli impianti sportivi). Dall’altro chi il piano lo ha redatto, ossia il Segretario e Direttore generale, che addirittura arriva a scrivere delle controdeduzioni al parere in cui mette persino in dubbio la “leale collaborazione” degli uffici.
E sono proprio gli uffici, in particolare quello ai Tributi, a creare anche un “giallo”. Il piano prevede infatti che il Comune migliori la propria capacità di riscossione delle tasse, vero tallone d’Achille della città e causa principale del dissesto, arrivando addirittura al 75% nel 2024, ben al di sopra della media italiana del 60% che può essere considerata già ottimistica per Palermo dove è ferma al 38%. Il punto è che nel piano non è stata inserita la previsione degli uffici, ma un 75% che i dirigenti formalmente hanno disconosciuto chiedendo di sapere da dove sia stato preso. Per non parlare del fatto che il piano prevede anche una Tasi in realtà già abolita dal 2020.
I SOLDI DA ROMA
Il sindaco ha provato anche a fare due conti. Il Decreto fiscale dovrebbe fare arrivare a Palermo 60 milioni di euro a cui sommare, in Legge di bilancio, una quota ancora non quantificabile dei 200 milioni previsti da un emendamento (150 per tutti i comuni italiani, 50 per quelli delle grandi Isole). Poi ci sono i 2,6 miliardi per le città metropolitane, di cui una buona parte andrà al comune di Napoli ma 450 milioni in 20 anni dovrebbero giungere anche a Palermo: per il primo lustro in misura più significativa, poi con una media di 16 milioni l’anno. Tanto dovrebbe bastare, secondo il sindaco, per chiudere in pareggio i bilanci, ma la triste realtà è che Palermo per salvarsi ha bisogno del salvagente romano o sarà il default.
DA RISCOSSIONE ALL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Il piano si fonda su due pilastri: l’aumento della riscossione in proprio, ma anche di quella coattiva. Il passaggio da Riscossione Sicilia all’Agenzia delle Entrate dovrebbe far aumentare il recupero del gettito, visto che i mancati incassi in un decennio hanno sfiorato quota un miliardo. A questo si aggiunge anche una nuova norma che accorcerà i tempi per trasformare un avviso di pagamento in una cartella esattoriale, il che dovrebbe consentire a Palazzo delle Aquile di poter aggredire più celermente i morosi. Ma ecco nel dettaglio tutte le misure.
GESAP IN VENDITA
Una delle iniziative più clamorose è la vendita delle azioni della Gesap, la società che gestisce l’aeroporto Falcone-Borsellino e di cui il comune di Palermo è fra i maggiori soci. Il gettito previsto è di 22 milioni e, nonostante le smentite della giunta, alla fine la privatizzazione è finita nel piano. “E’ prevista solo nel 2025 – si è difeso però il sindaco – e abbiamo chiesto di spostarla ancora più avanti”.
IRPEF, QUANTO MI COSTI
La partecipazione al “salva Napoli” non sarà indolore: il sindaco di Palermo dovrà firmare un patto con il Presidente del Consiglio accettando condizioni molto dure, fra cui l’aumento dell’Irpef. Orlando ha assicurato che le percentuali saranno negoziabili, ma le previsioni fanno tremare le vene ai polsi: nel 2022 dallo 0,08 per mille si passerebbe allo 0,0144 con un incremento di 33 milioni di euro, scendendo poi gradualmente ma mantenendo l’aliquota ai massimi.
PERSONALE ALL’OSSO
La scure cade pesante anche sul personale. Stop all’aumento delle ore che viene rinviato al 2023 per le categorie superiori, 500 assunzioni solo di funzionari e istruttori ma dal 2026 e nel frattempo un’emorragia inarrestabile del personale che scenderà ampiamente sotto quota 5 mila, ad oggi considerato il livello minimo per assicurare i servizi, toccando i 1.194 nel 2040. “Andiamo verso l’innovazione e affideremo gli impianti sportivi ai privati – ha commentato Orlando – Avremo meno personale ma più specializzato”.
GUERRA AI MOROSI
Il piano prevede anche la riattivazione immediata del regolamento anti-evasori che include pene pesantissime per chi non paga le tasse, arrivando anche alla chiusura temporanea degli esercizi commerciali e alla revoca delle licenze.
DIMEZZATE LE CIRCOSCRIZIONI
La cinghia si tira per tutti, a partire dalle piccole cose. Le circoscrizioni saranno dimezzate passando da 8 a 4, ma solo dal 2027, e le riunioni di giunta, consiglio comunale e consigli di quartiere si terranno solo di mattina per evitare lo straordinario agli impiegati.
UNO SPASIMO “D’ORO”
Il Comune venderà 2.500 alloggi popolari: risparmierà il milione di euro l’anno per la manutenzione e ne incasserà 25 milioni entro il 2030. Il piano prevede anche di far pagare l’ingresso allo Spasimo (cinque euro a turista) ma anche di aumentare il costo dei matrimoni (200 euro a cerimonia) con un incasso stimato (per il solo Spasimo) di 300 mila euro l’anno, per un totale di 5 milioni di euro fino al 2041.
TASSE PIU’ ALTE, ANCHE SUI CIMITERI
Previsti tasse più salate per i diritti fissi di istruttoria e l’occupazione del suolo pubblico, il bando sulla pubblicità, tariffe più care per gli impianti sportivi e i mercati generali, l’aumento dell’imposta di soggiorno per 1,1 milioni l’anno e della tassa sui passi carrabili, l’implementazione delle telecamere Ztl, 54 milioni di euro dalle multe agli automobilisti, un aumento del 4% per i servizi cimiteriali. Nel piano fanno capolino anche la notifica di atti tributari a mezzo Pec per le imprese e un bando per sette chioschi.