PALERMO – Gli operai tornano nei cantieri dell’anello ferroviario di via Amari, nonostante il sequestro delle azioni della Tecnis, mentre in viale Lazio e al Politeama per il momento non c’è ombra di ripresa dei lavori. Il giorno dopo il provvedimento della Dda di Catania, che ha posto sotto sequestro tre società del gruppo e azioni per un valore di 250 milioni di euro, fra gli operai l’umore è spaccato a metà.
Nel cantiere a cielo aperto di via Amari, dalle 5 di questa mattina, si respira un’aria acre e la colpa non è solo della colata di cemento che questa mattina alcuni addetti hanno gettato per appianare il livello di alcuni marciapiedi. “Siamo in silenzio stampa, non vogliamo dire nulla. Che c’è da dire?” dicono alcuni operai, continuando a manovrare le macchine escavatrici. Lavorano per segmenti, lì nel cantiere, e lavorano senza sosta per consegnare il prima possibile l’anello. “Siamo delle macchine – spiega Alfio, 34 anni, dipendente Tecnis – e abbiamo appreso dai giornali quello che sta succedendo. Nonostante tutto, dobbiamo essere ottimisti. Stiamo lavorando a ritmo serrato, entro lunedì la strada dovrebbe essere quantomeno asfaltata. Non abbiamo stipendio da settembre, ma anche in questo caso siamo ottimisti: speriamo ci paghino. Saremmo pure più motivati”. Anche il suo collega Angelo, 64 anni, sembra propositivo: “Dovrei essere in pensione per l’età che ho – dice un po’ amareggiato, anche se quasi immediatamente aggiusta il tiro – ora però siamo in mano allo Stato e questo ci rincuora”.
Ottimismo che va, pessimismo che trovi. Perché mentre gli operai della Tecnis sembrano fiduciosi, i commercianti si sentono schiacciati dal peso del cantiere che, in alcuni casi, li ha letteralmente messi in ginocchio. “Siamo murati vivi – racconta Franco Giglio, titolare del ristorante Cibus – Ho 14 dipendenti assunti, il fatturato è crollato del 70 per cento. Quest’azienda esiste da oltre quarant’anni, siamo stati considerati come fiore all’occhiello del commercio locale, ma ad oggi posso dire che andremo alla chiusura”. Una chiusura indotta da un cantiere che, nel giro di un paio di mesi, ha reso necessaria la chiusura del transito veicolare lasciando, di fatto, uno strettissimo corridoio pedonale. “Un lavoro invasivo – spiega ancora il signor Cibus, noto così in zona – sarebbe dovuto esser accompagnato da un aiuto istituzionale. Avrebbero potuto, ad esempio, dare la possibilità di posteggiare al porto, pur pagando”.
Tra negozi deserti e saracinesche abbassate il passo è breve. Nel tratto vicino alla Camera di commercio c’è un negozio di souvenir, ma è chiuso, così come un tabacchi e il ristorante La Posada. C’è il ristorante Kuaizi, di cucina cinese e giapponese, aperto appena dallo scorso novembre ma che già vive difficoltà. “Siamo pieni di debiti – spiega la proprietaria Susi Wu -. 50 mila euro di rosso e dieci impiegati da garantire. Ciò che ci preoccupa del cantiere è la sua instabilità che compromette pure il nostro futuro. Non ci sono margini d’ottimismo, oggi gli operai sono all’opera, ma domani? Qui a pranzo il locale è vuoto, la sera otto coperti ci sembrano un lusso. Di questo passo chiuderemo prima ancora di poter lanciare questa attività”.
E a piovere sul bagnato è un guasto Enel che questa mattina ha interessato il tratto vicino al porto. Durante uno scavo, infatti, sembra che alcuni tubi elettrici siano stati compromessi. Dall’Enel garantiscono, tuttavia, che in un paio di giorni il problema dovrebbe rientrare. “Nessun commerciante è rimasto al buio – spiegano alcuni addetti ai lavori -, ma in ogni caso siamo pronti a fronteggiare eventuali blackout con i gruppi elettrogeni”. Altra storia invece al Polieama o in viale Lazio, dove il cantiere è deserto. Sulla ringhiera metallica che delimita lo scavo campeggia un cartello di carta azzurro, “chiuso per ferie”, forse affisso da qualche residente di via Sicilia esasperato dall’ennesimo guaio. Dopo l’ennesimo imprevisto di un appalto a sei zeri.