Tentata estorsione alla ditta Caruter| In manette affiliato clan Cintorrino - Live Sicilia

Tentata estorsione alla ditta Caruter| In manette affiliato clan Cintorrino

Nella foto i carabinieri i azione nel corso dell'operazione

C’è anche il pluripregiudicato Vito Strano tra i due indagati per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Chiesto un posto di lavoro in cambio della protezione.

CALATABIANO
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CALATABIANO. Sventato un nuovo tentativo di infiltrazione mafiosa all’interno del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani a Calatabiano.  Sono stati fermati sabato mattina dai carabinieri della locale stazione con l’accusa di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e furto aggravato Pietro Ferretti, incensurato di 43 anni, e Vito Strano, pluripregiudicato di 53 anni, affiliato al clan Cintorrino legato alla cosca Cappello di Catania. Ieri mattina, su richiesta del sostituto procuratore di Catania Pasquale Pacifico, il gip ha emesso nei loro confronti due ordinanze di custodia cautelare in carcere. Gli indagati sono stati rinchiusi nel carcere di Bicocca a Catania.

Nella foto i due arrestati

LE INDAGINI. L’attività investigativa ha preso il via lo scorso 19 novembre, in seguito alla denuncia di furto contro ignoti presentata dalla società Caruter srl, l’azienda che dopo la fuoriuscita dell’Aimeri Ambiente ha preso in appalto il servizio di raccolta dei rifiuti nei comuni di Calatabiano, Fiumefreddo di Sicilia, Mascali, Piedimonte Etneo e Linguaglossa. Dal deposito della frazione Pasteria di Calatabiano erano spariti, tra sabato e domenica notte, due automezzi, un Piaggio Porter ed un Opel Van, mentre dagli altri 23 veicoli parcheggiati erano stati svitati dai serbatoi del carburante i tappi, lasciati poi lì in evidenza. Un furto commesso da tre individui con il volto coperto, come testimoniato dalle immagini del sistema di videosorveglianza, ma sembrato sin dall’inizio anomalo.

L’indagine, svolta nel più stretto riserbo, ha permesso di ricostruire l’intera vicenda. Pochi giorni dopo il furto, Pietro Ferretti, operaio della Caruter, ha contattato i responsabili della ditta proponendosi quale intermediario per il recupero degli automezzi rubati. Un furto che sarebbe stato, secondo l’uomo, una diretta ritorsione per non aver assunto chi era stato indicato da alcuni membri della criminalità organizzata di Fiumefreddo di Sicilia. Il 43enne ha raccontato che questi ultimi, intenzionati a dare alle fiamme l’intero autoparco, erano stati bloccati dal suo “patrozzo” Vito Strano. Per risolvere la questione la Caruter avrebbe dovuto sborsare una somma tra i 1000 ed i 3000 euro, quale regalo per il disturbo, ed assumere alle proprie dipendenze il figlio 28enne del suo “patrozzo”. Richieste che erano state respinte dai vertici dell’azienda.

Due giorni dopo l’intercessione i mezzi furono ritrovati, su indicazione dello stesso Ferretti, in contrada Pianotta, una zona di campagna nel comune di Fiumefreddo.

LE MODALITA’. Una condotta spregiudicata quella messa in atto, secondo la Procura di Catania, dai protagonisti della vicenda che avrebbero dimostrato “un elevato grado di professionalità nel delinquere e una non comune determinazione nel porre in essere il programma criminoso”. Pietro Ferretti, nonostante venga informato dai vertici della Caruter della regolare denuncia sporta ai carabinieri, non dimostra alcuna intenzione di rinunciare ai propositi criminali. L’uomo è forte della vicinanza a Vito Strano, pluricondannato anche per associazione a delinquere di stampo mafioso, e ritenuto un fedelissimo del boss dell’omonimo clan Antonino Cintorrino.

L’attività estorsiva, condotta secondo regole da manuale, era  “caratterizzata da atti intimidatori non eclatanti”, per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine, “ma ben cadenzati nel tempo tali da far comprendere la reale capacità delinquenziale del sodalizio”.


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