Il testimone chiave ritratta e l’imputato viene assolto e scarcerato dopo 9 mesi. La sentenza di assoluzione è stata pronunciata a favore di Salvatore Arnone, difeso dall’avvocato Miria Rizzo, imputato di una tentata rapina a un camion sulla statale fra Palermo e Villabate, risalente al 30 novembre 2009. L’imputato era stato chiamato in causa dall’autotrasportatore del camion che, di fronte ai carabinieri, l’aveva riconosciuto con “assoluta certezza”. Ma oggi, in aula, è andata diversamente. Posto di fronte a tre persone – l’imputato, una persona del tutto simile al primo e un carabiniere – la persona offesa ha riconosciuto il terzo. Così l’accusa, rappresentata oggi in aula da Daniele Paci (le indagini sono state coordinate da Maurizio Bonaccorso), ha chiesto prima un supplemento di indagine sui tabulati telefonici dell’imputato e, nelle sue conclusioni, ha chiesto l’assoluzione.
Il fatto. La mattina del 30 novembre 2009 un camion viene urtato da un’Alfa 147. I due autotrasportatori scendono e i rapinatori, in tre o quattro, li sequestrano. Mentre due del gruppo d’assalto caricano in auto i due autotrasportatori portandoli a Villabate, dove li abbandona, altri due restano sul luogo della rapina dove i carabinieri passano e li notano. Alla loro vista i due cominciano a scappare, i militari si mettono al loro inseguimento e riescono a fermarli. Sono i fratelli Salvatore e Antonino Marsiglia, cugini di Salvatore Arnone, imputato nel processo.
I due vengono portati in caserma ma non vengono riconosciuti dagli autotrasportatori. Prima di rilasciarli, però, i militari controllano il telefono di Salvatore Marsiglia e notano numerose chiamate, a partire dalle 5.42 fino alle 8.44 – un minuto prima dell’intervento dei carabinieri, con tale “Totò”, individuato in Salvatore Arnone. Gli investigatori scoprono che il fratello possiede una Alfa 147 grigia, stesso modello e tipo d’auto utilizzato dai presunti rapinatori. Così il cerchio si stringe su Salvatore Arnone e i carabinieri, il 16 ottobre 2010, procedono al riconoscimento. In quella sede l’autotrasportatore lo riconosce come la persona seduta a suo fianco quando sono stati portati a Villabate. Così, il 15 giugno 2011, Arnone viene arrestato. La custodia cautelare in carcere, però, non viene ammessa per i suoi cugini, Salvatore e Antonino Marsiglia, oggi stralciati in un altro fascicolo d’indagine.
Arnone resta in carcere fino a oggi, quando l’autotrasportatore in aula non solo non ha riconosciuto lui, ma, delle tre mostrate, ha individuato una persona che nulla aveva a che fare con i fatti. Il presidente del collegio giudicante ha anche chiesto al testimone se fosse stato in qualche modo intimidito, ottenendo risposta negativa. Arnone, poi, siede sul banco dei testimoni e racconta come ai tempi lavorava col cugino, Salvatore Marsiglia, con cui comprava frutta a Villabate per poi rivenderla. Quella mattina l’aveva cercato con insistenza per questo motivo. L’auto, l’Alfa 147 grigia del fratello, “era ferma da un anno” per via di un danno all’impianto elettrico, ed era chiusa in garage.
Il pm avrebbe voluto approfondire ulteriormente, verificare tramite i tabulati la posizione di Arnone quella mattina, ma le sue richiesta non sono state accertate dalla corte che, dopo la requisitoria e l’arringa difensiva, si è ritirata per una breve camera di consiglio. Al termine della quale è esploso l’urlo di gioia dei familiari di Arnone che si sono abbracciati l’un l’altro e hanno ringraziato anche il pubblico ministero.