PALERMO – Bluff o grande mistero? Ancora una volta il protagonista è Massimo Ciancimino. O meglio, i suoi soldi nascosti in Malesia. Per la precisione, i 12 milioni di dollari che due anni fa mise sul piatto “per interrompere tutte le speculazioni fatte per delegittimarmi – così aveva dichiarato -. Chi dice che ho collaborato con la Procura di Palermo solo per salvare il mio patrimonio adesso ha la dimostrazione che non è vero”.
Il punto è che ufficiosamente di quei soldi, se davvero erano tanti quanti disse Ciancimino jr, si sa che sono rimaste solo le briciole. E cioè al massimo qualche centinaio di migliaia di euro. “Ufficiosamente” perché – e il mistero cresce – alla richiesta di rogatoria avanzata dalla Procura di Palermo le autorità asiatiche non hanno ancora risposto ufficialmente. Le prime e uniche notizie raccolte dai finanzieri parlano, però, di una cifra irrisoria rispetto ai milioni di dollari annunciati.
Era il 7 febbraio 2014 quando i magistrati di Palermo, su indicazione di Ciancimino jr, bussarono alla porta di una banca di Kuala Lumpur. La mossa a sorpresa era arrivata durante un’udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia, che vede il figlio dell’ex sindaco di Palermo, nella doppia veste di imputato e testimone chiave.
“Sono pronto a mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria 12 milioni depositati su un conto estero appartenenti a mia madre”. Ai pm fornì una serie di particolari. Ciancimino disse che aveva tracciato il denaro fino all’agosto 2013. Il conto corrente era intestato ad una società e vi erano confluiti gli utili di alcuni affari del padre e i proventi della vendita di immobili. Ed ancora, che il conto era attivo dagli anni Ottanta. Il denaro, a suo dire, era, però, di provenienza lecita. Voleva, però, che fosse la Procura a valutarlo. “I 12 milioni – dichiarò alla stampa – sono gli unici fondi che ho all’estero. I pm valuteranno se sono provenienti da attività illecita, come pensano molti, o sono perfettamente leciti come sostengo io. Nel 2008 con questi soldi sarei potuto andare all’estero e godermi la vita, invece ho scelto la strada della collaborazione”.
E così gli inquirenti attivarono i canali investigativi internazionali. In un primo momento il numero di conto corrente indicato da Ciancimino non era corretto e negli archivi della banca non risultava alcun deposito a nome della società da lui individuata. Poi, arrivò la correzione e in effetti il conto saltò fuori. E pure la società a cui era intestato. Ora resta il dubbio – che forse mai sarà chiarito – se Ciancimino jr abbia bluffato, tentando un colpo da teatro, sull’entità della somma depositata oppure se, mentre i pm palermitani tentavano di mettere le amni sui soldi, qualcun altro li abbia fatti sparire.