Trattamento fine servizio in ritardo, bacchettata da parte della Consulta - Live Sicilia

Trattamento fine servizio in ritardo, bacchettata da parte della Consulta

Il monito del Giudice delle leggi al Parlamento: i pagamenti troppo dilazionati non rispettano la Costituzione
PUBBLICO IMPIEGO
di
2 min di lettura

Basta ritardi, in certi casi di anni, nel pagamento della liquidazione ai dipendenti statali. Differire la corresponsione dei trattamenti di fine servizio a chi va in pensione per raggiunti limiti di età o di servizio rappresenta una “lesione delle garanzie costituzionali ” del lavoratore. Per questo è “indefettibile” e “prioritario” un intervento riformatore del Parlamento perché rimuova questo “vulnus”.

Il richiamo arriva dalla Corte costituzionale che già in passato aveva rivolto un analogo monito alle Camere rimasto inascoltato. Stavolta però la Corte costituzionale avverte: “non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa ” sui “gravi problemi” segnalati. Sotto accusa, l’articolo 3 comma 2 del dl n. 79 del 1997- che ha introdotto un termine dilatorio di un anno per la corresponsione della liquidazione- e l’articolo 12, comma 7, del dl n. 78 del 2010, che ha invece previsto la rateizzazione del Tfs.

I dubbi di costituzionalità erano stati sollevati dal Tar del Lazio e per la Consulta sono fondati. Tuttavia le questioni sollevate sono state giudicate inammissibili perché il modo con cui superare questa ferita attiene alla discrezionalità del legislatore, considerato “il rilevante impatto in termini di provvista di cassa che il superamento del differimento comporta”.

Spetta dunque al Parlamento stabilire mezzi e le modalità di attuazione di una riforma che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria e assicuri una “gradualità” di intervento, magari partendo dai “trattamenti meno elevati per estendersi via via agli altri”.

Quello che è certo è che non c’è più tempo da perdere. Perché rinviare il pagamento della liquidazione- spiega la Consulta nella sentenza n. 130 redatta dalla giudice Maria Rosaria San Giorgio- contrasta con “il principio costituzionale della giusta retribuzione”, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia “non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione”. Si tratta di “un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana”, nota la Corte.

E la disciplina del pagamento rateale delle indennità di fine servizio, nonostante preveda temperamenti a favore dei beneficiari dei trattamenti meno elevati, in quanto combinata con il differimento “finisce per aggravare il rilevato vulnus”.

Governo e Parlamento provvedano subito, chiede la Uil che vede nella pronuncia della Consulta un ” risarcimento per le migliaia di lavoratrici e lavoratori pubblici che ancora, a distanza variabile dai 2 ai 7 anni, stanno aspettando di ricevere il loro salario differito”.

Gli effetti per lo Stato li aveva calcolati a maggio l’allora presidente dell’Inps, Pasquale Tridico: “il costo di 14/15 miliardi è alla portata dell’Istituto”, aveva detto proprio con riferimento all’ipotesi che la Consulta dichiarasse illegittimo il differimento


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI