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Tutti i guai di cinque presidenti

Viaggio tra le "spine giudiziarie"
di
2 min di lettura
Totò Cuffaro

Totò Cuffaro

Fra il 1994 e  oggi sono cinque i presidenti e gli ex presidenti della Regione Sicilia a essere coinvolti in casi giudiziari. Prima di Raffaele Lombardo, sono stati indagati e successivamente condannati Rino Nicolosi (Dc), Giuseppe Provenzano (Forza Italia), Giuseppe Drago e Salvatore Cuffaro dell’Udc. Per Provenzano e Cuffaro le inchieste della magistratura hanno innescato anche una crisi politica culminata con le dimissioni dalla carica. In precedenza un altro ex
presidente della Regione, Mario D’Acquisto, Dc, era stato assolto nel processo
per quella che era stata chiamata la ”tangentopoli siciliana”: un sistema di
finanziamento della politica collegato agli appalti di grandi opere pubbliche.
Un altro filone di quell’indagine ruotava attorno alla figura di Rino Nicolosi,
che tra il 1985 e il 1991 aveva guidato sei governi regionali prima di essere
eletto nel 1992 deputato nazionale. Nicolosi Era stato arrestato con l’accusa
di avere intascato mazzette. Lui non lo aveva negato ma aveva spiegato che i
soldi non erano destinati a un arricchimento personale. Servivano a finanziare
il sistema politico e le campagne elettorali. E questo meccanismo, a suo
giudizio, era stato utilizzato da quasi tutti i soggetti politici della prima
Repubblica. Nel luglio 1998 Nicolosi era stato condannato a 3 anni e due mesi.
Da due inchieste era invece uscito indenne mentre per altre accuse la sua
posizione era stata stralciata ed è morto, il 30 novembre 1998, prima del
giudizio. Nel 1997 la crisi ha travolto Giuseppe Provenzano, finito sotto
inchiesta per collegamenti con la cosca corleonese. L’inchiesta è stata poi
archiviata perché le accuse di essere vicino al boss Bernardo Provenzano, suo
omonimo, erano state giudicate ”generiche e prive di riscontri”. L’ex  presidente è stato però condannato a tre anni di reclusione con un altro  presidente, Giuseppe Drago (che dopo la conferma della Cassazione è stato
dichiarato decaduto dalla carica di senatore). Entrambi erano accusati di avere
usato per fini personali i fondi riservati a loro assegnati. Le irregolarità  erano emerse durante un controllo sulle spese per l’acquisto di lenzuola e  corredi dell’appartamento presidenziale di palazzo d’Orleans.
Il caso più  eclatante è quello di Totò Cuffaro, il primo presidente della Regione a essere condannato in primo grado a 5 anni e in appello a 7 per favoreggiamento di Cosa nostra nell’ambito del processo per le ”talpe” alla Dda di Palermo.
Secondo i giudici, Cuffaro sarebbe stato inserito in un ”intreccio perverso  tra interessi politici, economici, mafiosi e affaristici”. Cuffaro era stato  costretto a dimettersi nel gennaio 2008 dopo la condanna di primo grado e la  diffusione di una foto che lo riprendeva con un vassoio di cannoli in mano. Per  l’ex presidente, che ora è senatore dell’Udc, è cominciato a febbraio un  altro processo nel quale è imputato di concorso esterno in associazione  mafiosa. Ma secondo la difesa l’accusa si basa sugli stessi elementi posti a  base del processo per favoreggiamento.


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