CATANIA – Hanno sperato che fosse scappato. Anche se già il 19 febbraio, a casa di Vincenzo Timoniere, il via vai di gente aveva il sapore amaro del cordoglio e del lutto. Sabato, infine, la notizia è arrivata. Una lama che ha colpito il cuore di chi a San Cristoforo lo amava. Il 26enne è stato freddato con un colpo alla testa e poi nascosto a Vaccarizzo. Un giovane ragazzo, che ha deciso di collaborare con la giustizia, ha indicato ai carabinieri il luogo esatto dove poter trovare il cadavere di Enzo. Il corpo era in stato di decomposizione, ma pochi sono i dubbi sulla sua identità. Anche se la Procura di Catania, che sta indagando sul brutale omicidio, ha già disposto tutti gli esami medico-legali per accertarne l’identità.
Un nuovo pentito, dunque, che oltre alla macabra scoperta ha fatto ritrovare ai carabinieri il nascondiglio di diverse armi a Librino. Covo che sarebbe vicino ai civici 18 e 19 del viale Grimaldi, teatro della guerriglia scatenatasi l’8 agosto dello scorso anno. Dove è avvenuto il duplice omicidio di Luciano D’Alessandro ed Enzo Scalia. Perché è in questo scontro storico tra i clan Cursoti Milanesi e Cappello che sarebbe maturato l’assassinio di Enzo Timonieri. Non basteranno le dichiarazioni dell’aspirante collaboratore di giustizia (che già l’anno scorso aveva pensato di fare questo passo, ma poi si è tirato indietro, ndr) per far scattare le manette a chi ha sparato e ucciso il 26enne. Ma i carabinieri già da giorni stanno lavorando alla ricerca di riscontri. Che potrebbero già essere, magari rileggendoli in una nuova chiave, nelle moltitudini di faldoni dell’inchiesta Centauri scattata lo scorso aprile. Timonieri, anche dalla ricostruzione in 3 D realizzata da un consulente della Procura, non risulta aver partecipato all’inferno di piombo di quella sera d’agosto. Ma qualche “soldato” è rimasto senza volto.
Questa volta i killer hanno ammazzato senza teatralità. Hanno pensato, organizzato, agito. Hanno anche aspettato che il fuoco dell’attenzione degli investigatori si spegnesse. Timonieri ha avuto già diversi guai con la giustizia: finito nei faldoni del blitz Lava nel 2013 (la notifica dell’ordinanza gli arrivò in cella all’epoca) e poi coinvolto in un rocambolesco inseguimento con i carabinieri.
A Catania la guerra tra clan non è finita quella sera dell’8 agosto 2020. È diventata silenziosa. E fa più paura.