Ci sono piccole e gradi storie che forse possono cambiare la sorte di una città votata al massacro, con la dolcezza che riescono a inoculare, grado per grado, nel suo organismo malato. Appena ieri Palermo era un deserto e un pifferaio magico prima o poi avrebbe salvato i bambini con la misericordia della sua musica, portandoli via. Ma ecco la storia di Loredana e Sabrina e dei loro genitori che abbiamo voluto ripescare apposta, per concederle l’onore dell’apertura: come una boccata d’aria fresca. Ecco la speranza che non tutto sia compromesso, se ancora fiorisce l’umanità nella spelonca. E’ il nostro contributo, da giornalisti, la nostra monetina sul piatto di una città migliore.
Per qualche tempo, fino a quando la cronaca lo consentirà, basta con le baruffe della politica, basta con le giustificazioni di una classe dirigente che si impiglia nei suoi stessi alibi. Metti in circolo più amore. E’ il caso di spianare le mascelle serrate ogni tanto. E chissà se il resto verrà da sé.
Palermo è un luogo feroce. Ha perso la sua bellezza collettiva. Ha smarrito la gentilezza dei suoi comportamenti individuali che era il vanto della nostra miseria, pur in mezzo alle macerie. Oggi siamo tutti avviluppati in un forsennato agitarsi di mani, in un’ansiosa smorfia da cavernicoli contemporanei tra denti e labbra. Magari storie come questa saranno una goccia di bontà nel mare inquinato della disperazione. Però noi siamo qui a raccontarle. E vedrete che il mare – a forza di speranza e di braccia – ritornerà pulito.