Si sono accese le polemiche politiche dopo l’entrata dell’ex sindaco di Terrasini Manlio Mele nella segreteria tecnica dell’assessore regionale ai Beni culturali e la fuoriuscita di Gandolfo Librizzi dalla segreteria particolare dello stesso assessore. “‘Mi chiedo fino a quando un partito come il Pd potrà sopportare l’arroganza, il cinismo politico, l’azione clientelare più sfacciata messa in atto dal governatore Lombardo e dal suo assessore Massimo Russo”, dice il deputato regionale Roberto Ammatuna. “Non appagati – aggiunge – dalla ritorsione nei confronti dell’on. Davide Faraone, ‘tagliando’ dall’ufficio di Gabinetto dell’Assessore ai Beni Culturali Gandolfo Librizzi, reo a loro modo del delitto di lesa maestà per essere rimasto in Aula in occasione della mozione di censura all’assessore alla Salute. Sono andati ben oltre, sostituendolo con Manlio Mele, una degnissima persona ma pur sempre lo zio dell’Assessore Massimo Russo. Così con una operazione di machiavellica perfidia non solo hanno punito l’on. Faraone ma, già che c’erano, hanno trovato spazio per sistemare un parente dell’integerrimo assessore-magistrato. Tutto questo mentre il Partito Democratico resta a guardare, senza chiedersi cosa pensa la gente di quanto sta avvenendo alla corte del governatore Lombardo”.
Per il capogruppo Pid all’Ars, Rudy Maira (nella foto) “ciò che sta succedendo in questi giorni negli assessorati regionali, su preciso input del presidente Lombardo e del suo braccio armato Massimo Russo, ricorda tanto le liste di proscrizione, ovvero le purghe staliniane”. “Si allunga – aggiunge – la lista degli esterni e consulenti che aggravano pesantemente la spesa regionale”. “Il presidente della Regione e l’assessore censurato Russo – conclude – hanno messo in atto la vendetta contro i deputati della maggioranza non allineati o proni, e oggi mortificano validi dipendenti regionali che vengono defenestrati dagli uffici di gabinetto per far posto ad amici, parenti e congiunti dell’allegra ‘famiglia lombardo-russiana’”.