Palermo. Speravamo che qualcosa cambiasse, ma purtroppo l’Assemblea regionale siciliana ritenta l’assalto al territorio e lo fa anche questa volta con la legge di stabilità, che resta lo strumento per eccellenza per calare norme che con la tutela dell’ambiente poco o nulla hanno a che vedere. È di ieri infatti la proposta di una concessione per l’ampliamento della cubatura del 30% a favore degli alberghi. Insomma: anziché recupero e riuso, nuovo cemento.
Eppure i passi in avanti, soprattutto da parte del Legislatore nazionale sono stati fatti.
Febbraio è infatti, il mese in cui gli italiano festeggiano il primo anno di vita della Legge costituzionale n. 1 del 2022, che per la prima volta nella storia repubblicana modifica i principi fondamentali della nostra Carta, introducendo all’art. 9, «la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi».
L’ambiente per la prima volta, dopo 75 anni dalla chiusura dei lavori dell’Assemblea costituente, si aggiunge al concetto di paesaggio per entrare nel novero dei diritti irrinunciabili dell’uomo.
Ma facciamo un passo indietro.
Per lungo tempo i due concetti – paesaggio ed ambiente – sono stati motivo di annosi dibattiti circa la loro relazione. Conoscere la corretta definizione di entrambi, ci permette di capire come lo Stato e le Regioni devono muoversi ogni qual volta sono chiamate ad intervenire a garanzia della loro salvaguardia.
Il problema della individuazione di una linea di confine tra le due nozioni oltrepassa l’ambito giuridico per toccare sfere del tutto esterne: nel linguaggio di uso quotidiano, ma anche in quello giornalistico, infatti, «paesaggio» ed «ambiente» vengono spesso usati impropriamente o addirittura arrivano ad essere considerati espressivi di una stessa identità.
La questione si mantiene irrisolta negli anni successivi e si ripresenta all’indomani della riforma Titolo V della Costituzione, il cui art. 117 comma II lett. S demanda alla potestà esclusiva dello Stato «la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», senza però – anche questa volta – chiarire i confini delle due materie.
Il nodo viene finalmente sciolto dagli interventi della Corte costituzionale, la quale afferma che il paesaggio è «forma del territorio e dell’ambiente», acclarando così che la nozione di ambiente comprende al suo interno quella di paesaggio, in un rapporto del tipo genus et species, e quindi che la tutela del paesaggio deve considerarsi compresa all’interno della tutela dell’ambiente.
Ambiente e paesaggio, dunque, sono elementi inscindibili: l’uno non può prescindere dall’altro. Non è ammissibile una politica sul paesaggio, disancorata da quella sull’ambiente. Non è pensabile programmare azioni sul territorio, senza considerare l’impatto che esse possono avere sull’ecosistema di cui quello stesso territorio è parte.
Ciò detto vale, tanto nel caso in cui sia lo Stato a stabilire la politica di governo del territorio, quanto nel caso in cui siano le Regioni, a prescindere dalla natura del loro Statuto, ordinario o speciale.
Eppure esistono ancora realtà che sembrano appartenere ad ordinamenti giuridici completamente estraneo ai ragionamenti fatti finora.
La Sicilia è una di queste realtà e la proposta che citavamo in preambolo non è un caso isolato. Neppure due anni fa, infatti, vedeva la luce la famigerata Legge regionale 19/2021, che sovvertendo anni di consolidata Giurisprudenza e accantonando il valore costituzionale della tutela del paesaggio e dell’ambiente, di fatto recepiva il terzo condono edilizio del 2003, di berlusconiana memoria, allargando le sue maglie a tutti gli immobili costruiti in aree sulle quali insiste un vincolo relativo, ad esempio un vincolo paesaggistico oppure un vincolo idrogeologico.
La legge – appena un mese fa, fortunatamente, dichiarata incostituzionale – non solo interveniva in un ambito riservato in via assoluta allo Stato e sul quale alle Regioni non viene riconosciuta alcuna potestà legislativa, ma peggio, interveniva sul procedimento di definizione di domande di condono presentate ben 17 anni prima, determinando di conseguenza esiti irragionevoli e gravemente lesivi del principio di stabilità dei rapporti giuridici.
Questa norma, che la dice lunga sull’idea distorta che ancora oggi la politica regionale ha della tutela del paesaggio – come dicevamo – è stata dichiarata incostituzionale dal Giudice delle Leggi. Ciò però non deve distoglierci dall’obiettivo cui deve mirare la Regione, ovvero quello di interrogarsi sui temi della legalità e della certezza del diritto nella gestione del territorio. Due argomenti che ancora oggi restano teatro di un conflitto politico mai sopito, e sui quali i Governi regionali di centro destra che si sono succeduti continuano a lavorare.
Il caso della Legge regionale 19 del 2021 infatti è uno dei tanti. Altre volte il Parlamento siciliano ha tentato di marginalizzare i principi di tutela sottesi alla salvaguardia dei beni culturali e del paesaggio. Si pensi, ad esempio, al Disegno di legge n. 698 del 2020 con il quale si tentò di scardinare, con finalità speculative, le disposizioni relative alla pianificazione del paesaggio, spostando l’elaborazione dei relativi piani dal Dipartimento per i beni culturali al Dipartimento al territorio e all’ambiente.
Ed ancora, restando sul tema della pianificazione, come non citare i ritardi biblici per i tempi di approvazione dei piani regolatori generali (PRG) che a causa di un sistema burocratico inefficiente e farraginoso scientemente voluto – a tutti i livelli, da quello locale a quello regionale, ha creato un sistema nel quale perché un piano possa vedere la luce sono necessari in media 15 anni! Quindici anni per avviare e concludere l’iter di approvazione di uno strumento urbanistico. In questo lasso di tempo non solo cambia l’assesto urbano della città a prescindere dalle scelte dell’amministrazione locale, ma cambia anche la società, cambiano i costumi e le abitudini di una popolazione.
Tutto ciò si riflette inevitabilmente anche sul numero dei piani regolatori vigenti e su quelli scaduti. Ad esempio, nella provincia di Palermo poco più di un decimo dei Comuni ha un PRG approvato negli ultimi 10 anni.
Eppure, l’assenza di programmazione territoriale e soprattutto l’incapacità di rigenerare e riqualificare aree degradate, non impedisce evidentemente l’esigenza di abitare. Ed infatti, nonostante la vetustà dei piani regolatori e i tempi biblici per approvare quelli nuovi, il consumo di suolo tende sempre a salire: l’ultimo rapporto ISPRA dichiara che la Sicilia è la seconda Regione d’Italia per consumo di suolo, con 1.800 km2 di nuovo suolo consumato in un anno. Ciononostante – paradosso tra i paradossi – la percentuale di edifici inabitati e tra le più elevate del Paese.
Questa condizione di estrema difficoltà si riflette sul territorio, portando a conseguenze paradossali ed a distruzioni difficilmente sanabili. I casi che possono citarsi sono numerosi, ma tra tutti non possono non menzionarsi ad esempio la devastazione del territorio avvenuta in questi anni nel territorio del Comune di Terrasini nel quale, alla scadenza del precedente PRG voluto da chi scrive, non è stato più redatto il successivo strumento urbanistico, esplicitamente non voluto, con la conseguenza che oggi l’edificazione selvaggia ho definitivamente compromesso un territorio e con esso ha stravolto l’assetto sociale del paese, divenendo Terrasini un nuovo dormitorio della città di Palermo.
Un altro esempio di stravolgimento dell’ambiente pur se in presenza di aree sottoposte a vincoli di varia natura è quello, ad esempio, del tratto di costa del Comune di Butera in prossimità del monumentale Castello di Falconara. A fronte della precedente demolizione di un ecomostro abusivo situato esattamente sul tratto di costa citato, l’Assessorato Territorio e Ambiente ha permesso, con escamotages e contestabili motivazioni, la riedificazione di un lido balneare in dispregio alla salvaguardia appunto di uno dei tratti di costa più belli della Sicilia. Purtroppo si potrebbero citare centinaia di esempi che hanno ormai definitivamente stravolto il paesaggio e l’ambiente della Sicilia.
Tutto ciò per dire che, sebbene oggi – come chiarito nel preambolo – ambiente e paesaggio rappresentino valori non negoziabili, è necessario tenere alta l’attenzione sul tema, stimolando il dibattito al fine di condurre la Regione siciliana su binari più coerenti con i principi sanciti dalla Costituzione. Ecco perché siamo dell’idea che se non è la politica attiva, cioè quella che in parte siede tra i banchi del Parlamento, a trovare le soluzioni, devono allora essere i cittadini a costruire le premesse affinché si spingano i nostri governanti a creare gli strumenti legislativi per superare queste difficoltà.
Da qui la volontà di organizzare a breve un pubblico dibattito che stimoli le migliori idee da proporre a chi ha l’onore e l’onere di essere Istituzione.
Restiamo convinti che lo sviluppo, soprattutto economico, della Sicilia può – anzi deve – avvenire attraverso la salvaguardia del patrimonio paesaggistico ed ambientale e in quest’ottica la prossima attuazione del PNRR – con gli importanti finanziamenti destinati sul sistema dei beni culturali e della pianificazione territoriale – dovrà mettere sul tavolo istituzionale interventi mirati affinché ciò possa avvenire.
I gruppi parlamentari all’ARS del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle continueranno con forza e convinzione le battaglie intraprese per una concreta azione di salvaguardia del territorio siciliano.
Manlio Mele (PD)
Giampiero Trizzino (M5S)