“Un’Europa di politica e scelte” |Tajani all’Università di Catania - Live Sicilia

“Un’Europa di politica e scelte” |Tajani all’Università di Catania

Il presidente del Parlamento Europeo è stato lapidario: "UE va avanti o indietreggia clamorosamente".

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CATANIA – “L’Unione europea è a un bivio. Deve decidere se andare avanti o indietreggiare clamorosamente, gettando la spugna di fronte alle difficoltà poste dalla crisi economica, dalla risposta al fenomeno dell’immigrazione, dal terrorismo che ha colpito pesantemente numerosi suoi Paesi”. La risposta, per il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, che questa mattina ha incontrato docenti e studenti dell’Università di Catania nell’aula magna del dipartimento di Scienze politiche e sociali, è ovviamente “deve andare avanti, e per farlo ha bisogno di riportare al centro della sua azione scelte politiche ben definite, nel rispetto della volontà dei cittadini europei”.

Accolto dal direttore del dipartimento, Giuseppe Vecchio, che ha portato anche il saluto del rettore Francesco Basile, dal direttore generale dell’Ateneo Candeloro Bellantoni, e dai docenti Dario Pettinato, Stefania Panebianco e Francesca Longo, che hanno offerto all’illustre ospite alcuni spunti di’approfondimento, Tajani ha tenuto una intensa lectio magistralis incentrata sul ruolo del Parlamento europeo nel rilancio del processo di integrazione.

“L’Unione vive un momento complicato – ha esordito Tajani, rivolgendosi in primo luogo ai numerosi studenti presenti in sala e ricordando la capacità dell’Università di Catania di intessere forti e proficue relazioni di cooperazione con altri Paesi al di là dei confini nazionali –, provocato dalla lunga crisi economica, dalla necessità di rispondere a un fenomeno migratorio superiore a quelli del passato, e a un’offensiva terroristica di straordinaria portata. In questo contesto, i cittadini manifestano malcontento verso le istituzioni nazionali e comunitarie e chiedono un sostanziale cambiamento. Cambiare è necessario – ha riconosciuto -, ma bisogna operare con spirito costruttivo, senza dimenticare cos’ha fatto l’Europa per noi in questi 60 anni”. In primo luogo la pace, ha elencato il presidente, la libera circolazione di merci e persone, la tutela degli interessi e dei diritti degli Stati e dei cittadini.

Per questo, occorre innanzitutto “richiamare la primazia della politica, senza la quale la cosiddetta ‘burocrazia’ o la ‘tecnocrazia’ assumono il sopravvento, e affermare il ruolo dell’organo legislativo, espressione della volontà popolare, anche rispetto alle altre istituzioni dell’Unione”. Secondo Tajani ciò dovrebbe spingere l’Europa ad avere un maggior autonomia e, dunque, un maggiore peso in politica estera, in particolare nelle questioni mediterranee o nella vicenda del nucleare iraniano, e nel riuscire a fare da ponte del dialogo tra Usa e Russia; così come in politica commerciale per riuscire a calmierare le tensioni tra gli americani e il colosso cinese che si riflettono anche sulle esportazioni del Vecchio Continente.

Uno degli strumenti che meglio potrebbe concretizzare la rinnovata volontà dell’Unione europea di dire la propria sulla situazione mondiale, per il presidente Tajani, è senza dubbio il futuro bilancio pluriennale della Ue, presentato poche settimane fa, che contiene delle valide indicazioni in questa direzione. “Grandi investimenti in innovazione e ricerca, attraverso il nuovo programma quadro Horizon Europe, più soldi per l’integrazione degli immigrati e a sostegno dell’economia reale – ha ricordato -, anche se occorrerà una particolare attenzione nel destinare i fondi di coesione verso le regioni dell’Europa meridionale, che pagano ancora lo scotto di un’altissima disoccupazione giovanile che, invece, in altri Paesi orientali è stata ridotta”. “E ancora – ha concluso Tajani – auspico un investimento fondamentale per la crescita e lo sviluppo del Continente africano, in maniera da incidere su fattori come la povertà, le carestie, il cambiamento climatico, il terrorismo e la crescita demografica. Nel 2100 gli africani saranno cinque miliardi: se non pensiamo adesso a disinnescare tutte queste micce, non ci saranno barriere e neanche eserciti che potranno fermare l’esodo verso nord”.

 


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