PALERMO – Cominciano oggi nell’Aula del Senato le votazioni sul disegno di legge Cirinnà che regolamenta le unioni civili. Un testo che ha diviso l’opinione pubblica e che dovrebbe legiferare in una materia in cui l’Italia è rimasta indietro rispetto ad altri Paesi europei. Un ritardo che la Sicilia aveva voluto in parte colmare un anno fa con una legge sulle coppie di fatto, assai cara al presidente della Regione Rosario Crocetta (che l’ha individuata come uno dei provvedimenti qualificanti la legislatura). La legge regionale approvata a marzo dell’anno scorso da Palazzo dei Normanni istituiva il registro delle unioni civili a cui potevano avere accesso i nuclei di conviventi senza distinzione di orientamento sessuale, che avrebbero in questo modo avuto diritto ad accedere alle misure in ambito sociosanitario promosse dalla Regione, dalle graduatorie per le case popolari, al bonus di povertà e a qualsiasi altra norma presente futura inserita in questo campo..
Una normativa, frutto della convergenza di tre diversi disegni di legge, che Crocetta ha sbandierato in lungo e largo in giro per l’Italia come “la legge più avanzata sulle coppie di fatto in Italia”. Peccato che a un anno di distanza la legge sia rimasta lettera morta in attesa di un regolamento che sarebbe dovuto arrivare a giugno e che ancora non è pronto. Anche se all’assessorato alla Famiglia fanno sapere che dovrebbe mancare davvero poco. Chissà che stavolta non finisca come con la riforma delle Province, che la Sicilia varò ma incompleta prima dello Stato, salvo poi restare impantanata per due anni mentre il Parlamento nazionale approvava la legge Delrio che “superava” le norme siciliane. “E’ evidente – commenta la deputata del Pd Marika Cirone – che l’approvazione di una legge nazionale renderebbe tutto più scorrevole anche in Sicilia, tuttavia resta il rammarico per l’ennesima norma sulla quale la Sicilia da pioniere rischia di ritrovarsi fanalino di coda”.
Ai primi di settembre dell’anno scorso, l’allora assessore Bruno Caruso assicurava che il regolamento attuativo della legge sarebbe stato emanato entro la fine dell’anno. Non è andata proprio così. Lo schema di regolamento è stato in effetti esitato dall’assessorato che lo ha inviato alla fine dell’anno scorso all’Ufficio legislativo. Che però ha chiesto alcune integrazioni rimandandolo indietro. “L’assessorato – spiega la dirigente Antonella Bullara – sta procedendo e lo rimanderà questa settimana per il successivo inoltro al Cga. Nel frattempo abbiamo scritto a tutti i Comuni per vedere se hanno attivato propri regolamenti e propri registri. Alcuni lo hanno fatto”. I cittadini, infatti, dovrebbero iscriversi ai registri presso i Comuni, che hanno la competenza sulle anagrafiche. Ma, spiega la dirigente, per non privare coloro che abitano nei comuni che non hanno attivato il registro, quello della Regione conterrà anche le richieste di questi soggetti. Sarà poi il comune a verificare se ci sono i requisiti per avere accesso alle misure sociosanitarie. Ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo i tempi della burocrazia. E pensare che per la legge il regolamento doveva essere emanato entro 90 giorni dall’approvazione della legge.