CATANIA – Una bomba sociale pronta a esplodere, con migliaia di studenti disabili che rimarranno senza assistenza e almeno duemila addetti alle disabilità che perderanno il lavoro. Il tutto a causa di una richiesta di certificazioni impossibili da ottenere su tutto il territorio nazionale. È il paradosso burocratico, legislativo e politico che denunciano le associazioni di sostegno delle persone con disabilità First, Convad e Siamo Handicappati No Cretini, che chiedono al governo regionale di adottare misure per mettere le famiglie nelle condizioni di usufuire i servizi di sostegno agli studenti disabili.
Cambiare le parole per cambiare tutto
Fino al 2020 l’assistenza agli studenti disabili con esigenze complesse era svolta da assistenti igienico-personali, ovvero persone che svolgono corsi di formazione di novecento ore e che molto spesso hanno la qualifica di Operatori Socio Sanitari. Gli assistenti igienico-sanitari sono stati, negli ultimi venti anni, la spina dorsale dell’assistenza a quel dieci per cento di studenti disabili che hanno bisogno di assistenza per andare in bagno o per nutrirsi, ma in seguito a un cambio della disciplina nazionale, e a un parere del Consiglio di giustizia amministrativa, tutta l’assistenza di base è stata passata per legge al personale ATA delle scuole.
La decisione ha suscitato la perplessità sia delle associazioni dei genitori degli studenti disabili che degli stessi ATA, che con 40 ore di formazione non hanno i mezzi adeguati per fornire assistenza a ragazzi con esigenze particolari. Di fatto i disabili si sarebbero trovati senza l’assistenza di personale qualificato, e dopo mesi di protesta l’assessorato regionale della Famiglia, delle politiche sociali e del lavoro cercò di mettere una pezza alla situazione con una delibera che, nel luglio 2020, stabiliva che gli stessi servizi di assistenza specialistica igienico-personale avrebbero cambiato nome, passando a chiamarsi Servizi integrativi aggiuntivi e migliorativi. Bypassando il parere del CGA si sarebbero potuti di nuovo utilizzare gli assistenti igienico-personali per l’assistenza di base.
L’inghippo di definizioni
La soluzione dell’assessorato però crea più problemi di quelli che risolve. Perché l’iter per l’assistenza prevede che le scuole, dopo aver acquisito il fascicolo di ogni ragazzo disabile e delle sue esigenze, faccia domanda agli enti locali (il comune per le scuole elementari e medie, la Città metropolitana per le scuole superiori) per ricevere quel determinato servizio. E quando, l’anno scorso, le scuole hanno richiesto i Servizi integrativi aggiuntivi e migliorativi, gli enti locali hanno risposto con un burocratico no. Non era chiaro, infatti, quale fosse il contenuto di questi servizi, se fossero gli stessi che erogavano in precedenza con un altro nome o se prevedessero delle novità. Una lotta tutta sulla carta e sulle definizioni, che, riferiscono le associazioni di difesa dei diritti dei disabili, ha visto diverse volte uno scontro in quinta commissione dell’ARS tra assessorato e città metropolitane, e che di fatto ha creato uno stallo nel settore dell’assistenza agli studenti disabili.
Il certificato che non esiste
Nel tentativo di mettere una pezza, l’assessorato regionale alla Famiglia emette una circolare, nel maggio scorso, in cui stabilisce i beneficiari e le regole a cui le famiglie e le scuole devono attenersi per ottenere i servizi di assistenza. Tra le novità c’è la richiesta di una certificazione di “alta intensità di cura” da ottenere da una Unità Valutazione Multidisciplinare, come previsto da linee guida del ministero della Salute.
Il problema è che non esistono UVM su tutto il territorio nazionale, dato che, si legge in un comunicato congiunto First, Convad e Siamo Handicappati no cretini, “il decreto attuativo interministeriale non è stato ancora adottato”. Dunque nessuna famiglia potrà mai ottenere la certificazione richiesta per fare partire l’iter per ottenere i fondi con cui pagare l’assistenza specialistica. D’altro canto, gli enti locali sono tenuti ad accettare solo la documentazione prescritta dalla legge, e hanno già iniziato a emettere circolari in cui specificano la richiesta di certificazioni UVM per attivare i servizi. Certificazioni, appunto, impossibili da ottenere.
In questo modo, denunciano ancora le associazioni nel loro comunicato, il rischio è di una “bomba sociale”: le famiglie sarebbero lasciate del tutto prive di assistenza, con enormi disagi e sacrifici per garantire il diritto a frequentare la scuola per i propri figli, e diverse migliaia di assistenti formati e preparati per garantire l’assistenza ai ragazzi con bisogni particolari rischiano di trovarsi senza lavoro.
“Cambiare i requisiti”
Le associazioni di difesa dei diritti dei disabili chiedono, in un comunicato, la modifica della circolare dell’assessorato. In particolare, la richiesta è che la certificazione richiesta alle famiglie sia fornita, in alternativa o in sostituzione alle UVM, dalle Unità territoriali di neuropsichiatria infantile, che già oggi si occupano della presa in carico degli alunni di minore età e compongono il dossier che serve ad attivare l’assistenza. In più, le associazioni richiedono anche la convocazione dell’Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità, che, da quanto apprende Livesicilia, non viene convocato dal febbraio di quest’anno.