Valeria uccisa dalla chemio killer | Il primario: "Non sono colpevole" - Live Sicilia

Valeria uccisa dalla chemio killer | Il primario: “Non sono colpevole”

Valeria Lembo e la prescrizione mortale

Sergio Palmeri, ex responsabile del reparto di Oncologia medica del Policlinico di Palermo, in aula respinge le accuse: "Non mi sento responsabile". E scarica la coimputata Laura Di Noto, che registrò due conversazioni con il medico - ECCO GLI AUDIO

PROCESSO A PALERMO
di
5 min di lettura

PALERMO – Prima si commuove, poi si difende. “Sono un uomo dello Stato e risponderò a tutte le domande. Sono dispiaciuto, esprimo tutto il mio dolore alla famiglia della signora Lembo, ma non mi sento responsabile”, dice Sergio Palmeri, ex responsabile del reparto di Oncologia medica del Policlinico di Palermo dove nel dicembre del 2011 venne somministrata una dose killer di chemioterapia a Valeria Lembo, paziente affetta da un tumore di Hodgkin. Novanta milligrammi di Vinblastina anziché 9 non le lasciarono scampo. Valeria aveva 34 anni e una figlia di sette mesi che non avrebbe visto crescere.

Sotto processo, oltre a Palmeri, ci sono pure l’oncologa Laura Di Noto, lo specializzando Alberto Bongiovanni, lo studente universitario Gioacchino Mancuso, l’infermiera professionale Clotilde Guarnaccia e l’infermiera Elena D’Emma. Ed è sulla Di Noto che, seppure indirettamente, l’ex responsabile del Reparto, oggi in pensione, finisce per scarica le responsabilità. “La Guarnaccia mi vide stravolto – racconta Palmeri al giudice Claudia Rosini – e mi disse di stare tranquillo, perché sapeva come erano andate le cose. Mi disse di essere stata con il bugiardino dalla Di Noto e che erano andati avanti perché, uso le parole della Guarnaccia, la “Di Noto ci disse che andava bene”. La Guarnaccia in fondo all’aula smentisce con parole dire la ricostruzione di Palmeri.

“Andava bene” una prescrizione con un macroscopico errore che qualcuno, così sostiene l’accusa, cercò maldestramente di nascondere, cancellando in maniera grossolana il numero zero davanti al nove. Anche sul punto Palmeri si difende: “Non ricordo di avere visto il numero 90 sulla cartella, poi ho visto il 9 con lo 0 scarabocchiato”. Nel corso della indagini prima e del processo poi la Di Noto ha cercato di allontanare i sospetti sul suo comportamento. Nei mesi scorsi ha depositato una registrazione. Dopo la somministrazione del farmaco, la Di Noto avrebbe capito che tirava una brutta aria in reparto e rischiavano tutti di finire sotto accusa come sarebbe poi realmente accaduto. “Mi stavo convincendo che il professor Palmeri volesse nascondere qualcosa”, aveva detto in aula la Di Noto. E allora registrò con un telefonino la conversazione con Palmeri (ascolta gli audio). Prima parlavano della modifica della cartella clinica e poi il primario avrebbe chiesto alla Di Noto di retrodatare e firmare una lettera per regolarizzare la sua posizione. Non doveva più comparire come specializzanda, ma come medico volontario in modo da giustificare la sua presenza da sola in reparto. Una ricostruzione che fa a pugni con quanto sostenuto dal legale di Palmeri, l’avvocato Michele De Stefani: “La dottoressa Di Noto, come risulta da alcuni documenti agli atti, era già specializzata in oncologia, aveva lavorato in due cliniche private e già nel 2009, su sua richiesta, era stata autorizzata a stare in ospedale come medico volontario”.

Il legale della Di Noto, oggi in aula, cerca di fare emergere le contraddizioni nella ricostruzione di Palmeri. “Perché non comunicò subito ai parenti – chiede l’avvocato Marco Clementi – che c’era stata un errore nell’assunzione di un farmaco chemioterapico visto che parlò di gastrite?”. “Perché la gastrite è uno degli effetti dell’intossicazione – spiega Palmeri -. Lo dissi alla paziente e ai familiari quando ho avuto la certezza”. “Perché allora – lo incalza il legale – ha somministrato una terapia per l’intossicazione nonostante non ne fosse certo?”. Risposta: “Ho somministrato quella terapia per dovere cautelare”. Ed ancora: “Perché dice di non avere visto il numero 90 quando invece nella registrazione fatta dalla Di Noto lei commenta la faccenda dicendo ‘esatto’?”: Risposta: “È la registrazione non autorizzata di una piccola parte di una conversazione più lunga. Non ricordo perché pronunciai la parola ‘esatto’”.

Prima è stato il pubblico ministero Francesco Grassi a chiedere a Palmeri se avesse visto la cartella della signora Lembo quel 7 dicembre, il giorno in cui venne commesso l’errore: “Ho visto il frontespizio. In assenza di segni particolari non controllavo mai la cartella clinica all’interno. Avviavo io la terapia, tutto era prescritto da me. La trascrizione della prescrizione in cartella avveniva da parte di medici, parliamo di gente formata: la dottoressa Di Noto e il dottor Bongiovanni. Bongiovanni fu lo specializzando che cancellò lo zero e nelle scorse udienze non ne ha fatto mistero: “Sono stato io, ritengo di averlo fatto il 23 novembre. Rileggo la prescrizione e la cartella, mi accorgo della discrepanza e cancello l’errore”. Dunque, nessun tentativo, a suo dire, di taroccare la cartella: “ La cancellatura era chiara, evidente e poi 90 milligrammi non è una somministrazione contemplata e contemplabile”.

Il senso delle parole di Bongiovanni sono in linea con il pensiero dell’ex primario che non ci sta a passare come un medico che abbia arbitrariamente deciso di curare la malattia di Valeria nel reparto di Oncologia anziché in Ematologia. “Era una patologia che poteva essere curata in entrambi i reparti – spiega – e il trattamento prevedeva farmaci, tra cui la Vinbalstina, utilizzati per altre forme tumorali prettamente oncologiche”.

Tesi che smentirebbe le dichiarazioni rese dalla Di Noto e dalle infermiere secondo cui, non avevano dimestichezza alcuna con il farmaco in quanto poco conosciuto. Altro punto su cui Palmeri si sofferma è la metodologia della somministrazione: nella prescrizione aveva indicato l’utilizzo di una siringa in vena per un tempo di 5 minuti. Indicazioni incompatibili con l’eccessiva dose di farmaco che, qualcun altro e non lui, somministrò tanto che fu necessario stravolgere le modalità, utilizzando una flebo. Particolare che, secondo la tesi difensiva dell’avvocato Michele De Stefani, avrebbe dovuto fare suonare il campanello d’allarme.

In fondo all’aula i parenti di Valeria, che si sono costituiti parte civile con l’assistenza dell’avvocato Marco Cammarata, scuotono la testa. “Nel corso del processo sono emerse posizioni contrastanti tra le versioni degli imputati – conclude l’avvocato Cammarata -, tesi inconciliabili che non fanno altro che aumentare il dolore dei familiari”.

 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI