L’avviso di conclusione delle indagini inguaia un gioielliere e scagiona due noti commercianti di abbigliamento palermitani. La richiesta di rinvio a giudizio con l’accusa di favoreggiamento si profila per Giusto Gagliano. Il commerciante ha negato al pubblico ministero Maurizio Agnello quanto emerso dalle indagini e dalle intercettazioni dei carabinieri del Nucleo investigativo e del Reparto operativo. Si sarebbe rivolto al capomafia di Porta Nuova, Calogero Lo Presti, per rilevare la gioielleria Di Paola nella zona di piazza San Domenico.
Non sono stati, invece, trovati riscontri alle dichiarazione della collaboratrice di giustizia Monica Vitale su altri due episodi. Agli investigatori la donna aveva detto che il negozio Harrison, sotto i portici di via Ruggero Settimo, “offriva periodicamente quattro paia di scarpe per il mandamento e uno sconto del 50 per cento per chi andava a comprare”. Il titolare Silvio Corsale è stato sentito dal pm, accompagnato dal suo legale, l’avvocato Massimo Motisi. Ha smentito ogni suo coinvolgimento. Mai ha fatto sconti così alti fuori dal periodo dei saldi. Ha aggiunto di essere un commerciante dalla schiena dritta che in passato non ha esitato a collaborare con le forze dell’ordine impegnate nella lotta al racket.
Niente riscontri alle dichiarazioni della pentita e Corsale si avvia ad uscire “pulito” dall’inchiesta così come Rosario D’Angelo, titolare di alcuni negozi di abbigliamento. Secondo quanto ha riferito la Vitale, le bastava andare in via Malaspina per rifornirsi di vestiti gratis o super scontati. Sia lei che il suo uomo, Gaspare Parisi, spedito dal capomafia di Porta Nuova a vigilare sulla situazione di Borgo Vecchio. D’Angelo ha ammesso di conoscere Parisi e la Vitale, ma nel suo negozio la merce l’hanno sempre pagata.