CATANIA – Orazio Di Grazia, detto “scarpe pulite”, finisce agli arresti domiciliari. Quello che è ritenuto dagli inquirenti – secondo le carte della maxi inchiesta Vicerè – il referente del rione catanese Picanello della squadra della famiglia Laudani da qualche giorno ha lasciato il carcere. Di Grazia è affetto da una patologia incompatibile alla detenzione carceraria. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame che ha accolto l’istanza dei difensori, gli avvocati Giorgio Antoci e Ignazio Danzuso. La decisione dei giudici è arrivata dopo il deposito della consulenza da parte del perito nominato dal Tribunale. Di Grazia è affetto da una “severa ipertensione arteriosa – si legge nell’ordinanza del Riesame – non controllata in cardiopatia ischemica sottoposta a rivascolarizzazione incompleta”. Nella sua relazione il perito “esclude la compatibilità delle condizioni di salute del Di Grazia con il regime detentivo intramurario anche in considerazione del “follow-up cardiologico” cui doveva essere sottoposto il detenuto, solo parzialmente effettuabile presso l’Amministrazione Penitenziaria”. La consulenza e le valutazioni del perito sono state condivise dal Tribunale che ha accolto l’appello proposto dalla difesa ed ha disposto la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Orazio Di Grazia sta affrontando il processo ordinario scaturito dalla maxi inchiesta Vicerè che nel 2016 azzerò l’intera cosca dei Laudani: da Catania fino agli alleati operativi nei paesi dell’hinterland.
L'imputato, ritenuto il capo dei Laudani di Picanello, è affetto da una patologia "non compatibile con il regime carcerario".
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo