PALERMO – Una diretta Facebook per denigrare (ex) amici e parenti. L’autore del video è Giuseppe Tantillo che dalla località in cui vive sotto protezione attacca a testa bassa.
“Cornuti, indegni e pulle”, ripete facendo nomi e cognomi dei suoi bersagli. E la donna, che gli sta al fianco, rincara la dose usando uno slang che solo un palermitano può comprendere. Adesso il video rischia di entrare nel fascicolo del processo d’appello al clan di Porta Nuova di cui Tantillo ha fatto parte fino alla scelta di pentirsi.
L’avvocato Giovanni Castronovo, difensore di uno degli imputati, ritiene che le frasi pronunciate dal collaboratore di giustizia minino la credibilità dell’ex uomo d’onore del Borgo Vecchio e siano un duro colpo alla genuinità dei suoi racconti. Dimostrerebbero, secondo il legale, che dietro le sue dichiarazioni ci sono motivi di risentimento personale. C’è da dire, però, che il video risale a poche settimane fa, mentre Tantillo ha già concluso il suo percorso dichiarativo.
Di certo c’è che Tantillo ha deciso di farsi vivo, rompendo l’obbligo della riservatezza, affidandosi al popolare social network. Un pentito al tempo di Facebook, insomma, che nei verbali accusa i mafiosi di reati gravi e nel video, lontano dall’ufficialità dell’atto giudiziario, si sfoga. Dal contenuto delle sue frasi, che non pubblichiamo per il rispetto della privacy delle persone da lui citate, sembra che ad alimentare la sua collera siano stati i commenti sul suo conto che circolano nel rione palermitano.
Tantillo si è registrato con un nome di fantasia. Racconta di uomini d’onore traditi dalle mogli, di figli che ricattano gli amanti delle madri mentre i padri sono in carcere, di trasferte per i colloqui con i detenuti che diventano viaggi di sesso. “C’è una storia che conosce tutto il Borgo – spiega – questo cornuto… incocciò a sua madre che fotteva con uno, si fece intestare tutte le proprietà altrimenti diceva tutto a suo padre che era carcerato. Cornuto e contento”.
Ed ancora, fa un nome e subito dopo aggiunge “che sono impastuniati, se la fanno fra cugini. L’accompagnava al colloquio e se la faceva”. C’è poi il riferimento alla donna “che lasciò a suo marito in galera e se ne andò con un altro”.
Se la prende con i parenti “che ce li manda il signore, non ce li siamo scelti”, che “si divertono con i miei soldi, ma i soldi di mio padre sono miei”. Poi cita alcuni personaggi di cui ha parlato con i magistrati, descrivendone il percorso a cui lui stesso avrebbe contribuito, “da buoni a tinti, cati i munnizza, quello che voglio io diventano”. In particolare “c’è un cornuto che mi dice parole alle spalle perché non se la fida di davanti. Perché pure ora che sono pentito gli rompo tutte le corna”. Il passaggio successivo avverrà quando li renderà “carne da macello, perché non è che finita… manchi i cani sa manciano”. Perché, dice, “parenti non ne ho, li avevo ma ormai sono tutti morti”. Infine, dopo avere mangiato un gelato “alla salute di chi mi vuole male”, si lecca le dita e lancia una sorta di avvertimento: “Non sono morto e sono pure libero”. Il legale del collaboratore, l’avvocato Valentina Marchi, si è opposta alla richiesta di acquisire il video.
Il processo è quello che in primo grado, nel settembre scorso, si è concluso con condanne pesanti, ma anche assoluzioni. Sotto accusa ci sono gli uomini dei clan di Porta Nuova e Bagheria. A cominciare dal presunto reggente del potente mandamento palermitano, Paolo Calcagno, e Teresa Marino, moglie del boss detenuto Tommaso Lo Presti. Gli avvocati Giovanni Castronovo, Angelo Barone, Raffaele Bonsignore e Antonio Gargano si sono anche opposti alla richiesta della Procura generale di ascoltare in aula alcuni pentiti perché la richiesta sarebbe tardiva e la loro testimonianza non necessaria. Causerebbe solo una dilatazione dei tempi del processo che in primo grado si è svolto con il rito abbreviato. Il presidente della Corte d’appello si è riservato la decisione su tutte le richieste. A partire dall’acquisizione del video.

