C’è chi tifa, chi spera, chi teme. Come è normale che sia, la crisi di governo, a prescindere dall’esito, produrrà i propri effetti anche in Sicilia. Non solo sul piano dei “nomi”, ma anche e soprattutto su quello politico. Gli equilibri potrebbero mutare, insomma, sia che si vada al voto, sia che si formi il cosiddetto governo “giallorosso”. Senza escludere la clamorosa pace tra Cinquestelle e Lega. L’esito ufficiale dei contatti tra i partiti si conoscerà domani. Intanto, ecco gli scenari per l’Isola.
Si va al voto
Con le elezioni, che potrebbero svolgersi già in novembre, partirà ovviamente la guerra delle liste. E le tensioni coinvolgeranno tutti i partiti, per motivi diversi, a cominciare dal destino degli attuali parlamentari. Nel Pd, ad esempio, le liste non saranno gestite più dai renziani, ma dal nuovo corso della segreteria di Zingaretti. In caso di voto, quindi, è probabile che molti dei deputati e senatori attualmente in carica e piazzati nel 2018 nei posti più alti degli elenchi dall’ex premier fiorentino, debbano lasciare il proprio scranno a esponenti di altre aree del partito. Tradotto: agli uomini più vicini a Faraone potrebbero sostituirsi quelli più vicini a Cracolici e Lupo. Cambierebbe, così, la fisionomia dei Dem in parlamento. Mentre, sondaggi alla mano, non dovrebbe variare di molto il numero, per quanto oggi il Pd sia dato quattro-cinque punti sopra all’esito del marzo dell’anno scorso.
Problemi più seri, invece, in questo senso potrebbero essere affrontati dai Forza Italia e Movimento cinque stelle. Nel primo caso, infatti, gli azzurri rischiano – sempre stando ai sondaggi – un calo della rappresentanza in parlamento, che in Sicilia, visti gli ultimi buoni risultati rispetto al resto d’Italia, potrebbero essere però meno drastico. Farà capolino però il tema più politico: alle elezioni si va da soli o con in coalizione? In quest’ultimo caso, la corsa ai collegi uninominali sarà “a tre” con Lega e Fratelli d’Italia. Due partiti con i quali non sono mancate le tensioni. Basti pensare ad esempio ai “giudizi” di Micciché su Salvini o alla polemica tra lo stesso coordinatore azzurro e il “neomeloniano” sindaco di Catania, Salvo Pogliese.
A rischiare una netta riduzione dei parlamentari poi è ovviamente il Movimento cinque stelle. Per quanto in ripresa oggi, se si andasse al voto a novembre, le percentuali – e quindi gli eletti – sarebbero assai diverse da quelle del 2018. E così, anche se si dovesse riproporre lo strumento delle “parlamentarie”, molti uscenti lo sarebbero per davvero. E visti i veleni delle ultime occasioni, si possono già pronosticare nuove polemiche tutte interne ai Cinquestelle per la corsa agli scranni.
Dal punto di vista più strettamente politico, il voto presto potrebbe far “sfumare”, almeno per il momento, le ipotesi di quel movimento neocentrista del quale ha parlato anche a LiveSicilia il deputato catanese Luca Sammartino. Con elezioni tra due mesi, sarebbe infatti complicato mettere in piedi il progetto. Che non potrebbe contare, come forse si sperava, su un avvicinamento a esponenti ed elettori di Forza Italia: col voto, sarebbe assai probabile il riavvicinamento tra gli azzurri e Salvini. Così come quello tra l’attuale governatore Musumeci e il Carroccio. A proposito, i sondaggi oggi dicono che il centrodestra unito vincerebbe le elezioni: sarebbe in quel caso una buona notizia per il presidente della Regione, che si troverebbe a dialogare con un governo nazionale amico. E non solo “amico a metà” come è stato finora.
Si fa il governo giallorosso
Intanto però i dialoghi proseguono sulla linea “giallorossa” del nuovo possibile governo. Poche ore ormai, e l’esito di questi incontri dovrà essere illustrato al presidente della Repubblica per verificare la possibilità di varare il nuovo esecutivo. Cosa potrebbe succedere in Sicilia con la nascita di un governo tra Cinquestelle e Pd? Il primo effetto potrebbe notarsi a Sala d’Ercole, dove l’attuale opposizione potrebbe presentarsi ancora più coesa, visto che le stesse forze a quel punto starebbero governando a Roma. Un problema in più per la maggioranza non proprio larga di Musumeci. Già alcuni deputati Dem, come ad esempio il catanese Anthony Barbagallo hanno auspicato possibili “convergenze all’Ars” con i grillini. Ovviamente, la situazione del parlamento siciliano sarebbe lo specchio di un governo nazionale a questo punto certamente non amico di quello regionale, con tutto ciò che potrebbe significare, considerate le trattative in atto con lo Stato su diversi campi e la possibilità del governo romano di impugnare le norme siciliane, oltre all’ordinaria amministrazione di un rapporto tra istituzioni che si troverebbero politicamente su campi opposti.
Bisognerà però vedere quanto i gruppi all’Ars dimostreranno di essere coesi. È il caso del Pd, anche stavolta: la scelta di Matteo Renzi di puntare fortemente sul nuovo governo avrebbe come scopo, secondo ad esempio il deputato Antonello Cracolici, anche di ‘prendere tempo’ per giungere tra qualche mese a una vera e propria scissione. A un nuovo partito, insomma. Al prodotto di quei “laboratori” moderati già annunciati da molti, ma che col voto rischierebbero di non avere il tempo di “creare” granché.
La retromarcia
C’è l’’ultima ipotesi che non va scartata. La rinascita clamorosa di un governo giallo-verde. Certo, sarebbe a quel punto difficile per i due partiti che lo formavano, dopo gli insulti e le accuse dei giorni scorsi, spiegarlo ai propri elettori. Ma del resto, in questi mesi se ne sono viste di tutti i colori: compreso un Matteo Renzi che “sposa” i grillini. Nulla è da escludere, quindi. Anche perché il governo gialloverde avrebbe un vantaggio enorme rispetto al voto anticipato. E qui l’alta politica, le alleanze, i programmi e le ideologie non c’entrano. C’entra, semmai, l’istinto di sopravvivenza dei deputati che rimarrebbero esattamente al loro posto, ancora per un po’.