11 Ottobre 2014, 06:15
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PALERMO – La donna uscì scossa dal bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. E si precipitò a casa di Antonino Messicati Vitale. Aveva una comunicazione urgente per lui. Poco prima le sue orecchie avevano udito ciò che mai avrebbero voluto sentire.
Antonino Zarcone aveva scelto il più plateale dei modi per sbattere le porte in faccia a Cosa nostra. Per far sapere a tutti che si era pentito. “Signor giudice… sono stato il capo del mandamento di Bagheria fino al 2011, intendo collaborare. Ho già fatto dichiarazioni che accusano me stesso e altri”: le parole di Zarcone, pronunciate durante il processo Argo, fecero calare il gelo.
E la donna corse verso casa Messicati Vitale, a Ficarazzi. Dove ad aspettarla non c’era solo il presunto capomafia di Villabate, ma anche le telecamere e le microspie piazzate dai carabinieri del Nucleo investigativo.
Il citofonò suonò pochi minuti dopo le dodici del 30 settembre scorso. “Chi è?”. “Toni, scendi”. Messicati Vitale aprì il portone. “Entra”. “Toni, gliel’ho detto a Sara ma quella è stonata…”. “II fatto di Nino?”. “Una bella perdita è”. Il presunto capomafia, che sarebbe stato arrestato da lì a pochi giorni, concordava: “Una bella perdita, si è buttato quello”. Ancora la donna: “… dice… ‘da una settimana che sto collaborando’… dice… ‘perdo dei familiari’ e mi ‘pento… io ho detto: ‘… ora glielo vado a dire perché’… ce ne siamo andati cutululiati… mi raccomando Toni”.
Poi, si sentì il rumore del portoncino che venova chiuso, la donna uscì di casa e in sottofondo i rumori della televisione accesa. “Cutuliati” diceva la donna in gergo palermitano. Tradotto in Italiano significa bastonati, perché il pentimento di Nino Zarcone è una botta per Messicati Vitale e per l’intero clan che opera fra Villabate, Bagheria e Ficarazzi. Una botta per tanti personaggi già sotto processo e per molti altri che sono ancora a piede libero.
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11 Ottobre 2014, 06:15