Erano stipati come sardine nella stiva che funge anche da sala macchine i 25 migranti morti nel viaggio della speranza dal Nord Africa verso Lampedusa. Da una prima ricostruzione, effettuata anche ascoltando alcune dichiarazioni di altri africani, sembrerebbe che le vittime siano state le prime persone a salire sull’imbarcazione lunga 15 metri prendendo posto nella parte inferiore della barca: unico accesso, una botola larga appena 50 centimetri. Subito dopo, sono saliti sul barcone gli altri migranti.
Dopo poche ore di viaggio i gas provocati dal motore della vecchia imbarcazione avrebbero reso l’aria irrespirabile nella stiva della barca e le persone nella stiva avrebbero tentato di uscire dalla botola ma gli occupanti che si trovavano nella parte superiore della barca non l’hanno consentito perché non ci sarebbe stato sufficiente spazio nel ponte. Il viaggio, sempre secondo le prime indicazioni, sarebbe durato oltre tre giorni e i cadaveri sono stati ritrovati in stato di parziale decomposizione dai vigili del fuoco di Lampedusa che li hanno recuperati.
“Sei dei 25 migranti morti mentre cercavano di arrivare a Lampedusa verranno seppelliti nel nostro cimitero”. Lo riferisce il sindaco dell’isola Dino De Rubeis. “Gli altri cadaveri – aggiunge – saranno portati a Porto Empedocle e trasferiti dove ci sono posti liberi. Per il trasporto verrà usata la nave traghetto Moby”.
Erano 26, schiacciati l’uno contro l’altro in uno spazio senza finestre di due metri per tre. 25 sono morti per asfissia, dopo avere, invano, provato a risalire sul ponte ostacolati dai compagni di viaggio che erano sopra e che temevano che la barca si ribaltasse. Dei 26 uno sarebbe riuscito a guadagnare la strada per il ponte e perciò sarebbe stato “punito” dagli altri e buttato in acqua. Questo l’agghiacciante racconto che alcuni migranti sopravvissuti alla tragedia hanno fatto agli investigatori che stanno indagando sull’episodio.