Apparterrebbero effettivamente a Vito Ciancimino i documenti consegnati dal figlio Massimo alla procura di Palermo ma sull’autore del cosiddetto ‘papello’ resta un punto interrogativo. Dei 55 documenti consegnati alla Dda di Palermo da Massimo Ciancimino, solo uno risulterebbe manipolato. Il capo della polizia scientifica, Pietro Angeloni, è salito oggi sul banco dei testimoni nel processo a Mario Mori e Mauro Obinu spiegando i risultati delle indagini condotte su pizzini e lettere dell’ex sindaco mafioso di Palermo.
Angeloni ha eseguito, su incarico della Procura, una perizia grafica e merceologica su diversi documenti depositati dai pm. L’ex capo della mobile palermitana ha riferito le conclusioni della consulenza sui documenti, che è agli atti del processo. Su manoscritti e dattiloscritti attribuiti a don Vito sono stati fatti accertamenti merceologici – per datare la carta – e grafologici. Angeloni ha specificato che sugli originali prodotti si è proceduto con l’esame del carbonio 14, eseguito su singoli frammenti bianchi, che ha accertato che la carta risale allo stesso periodo a cui Massimo Ciancimino colloca la produzione del documento. Quanto alla paternità dei manoscritti, Angeloni ha sostenuto che si tratta “con certezza” di appunti vergati dall’ex sindaco. Dopo l’introduzione di Angeloni sul banco dei testi sono saliti altri due consulenti della Scientifica.
Resta sconosciuto, però, l’autore del ‘papello’, lo scritto che proverebbe il tentativo di patto tra mafia e Stato. Del documento, analizzato dalla Scientifica, al momento, si sa soltanto che proviene da un’unica mano. Ecco le conclusioni dei consulenti della procura di Palermo, gli ispettori Maria Caria e Marco Pagano. I due tecnici hanno esaminato 55 tra scritti attribuiti dai pm all’ex sindaco Vito Ciancimino e pizzini che proverrebbero dal Boss Provenzano. I consulenti hanno esaminato davanti al tribunale i singoli documenti tra i quali il papello. “Su 27 elementi di comparazione forniti – hanno detto – solo 8 erano utili, perché gli altri erano o semplici firme o scritti in corsivo, mentre il papello è vergato
in stampatello”. Quindi l’esame ha escluso con certezza l’ attribuzione del documento solo a 8 dei soggetti analizzati. Per gli altri gli elementi di comparazione non sono sufficienti. Tra i campioni di confronto c’erano scritti, tra gli altri, dei boss Totò Riina, Pietro Aglieri e Antonino Cinà. A don Vito è sicuramente riconducibile, invece, il cosiddetto contropapello, scritto dall’ex sindaco dopo aver letto le richieste a suo dire “folli” fatte da Riina allo Stato. E sempre di Vito Ciancimino, secondo i consulenti, sono tutti gli altri documenti depositati dai pm tra i quali il foglietto in cui si Legge “on. Berlusconi metterà a disposizione una sua rete televisiva”.
Ma non ci sono manipolazioni nel ‘papello‘, Lo sostengono le due esperte della Scientifica, Sara Falconi e Anna Maria Caputo, consulenti della Procura di Palermo che hanno fatto parte del pool di tecnici incaricati di verificare paternità e datazione della carta dei 55 documenti consegnati da Massimo Ciancimino. Le consulenti hanno inoltre analizzato in particolare la carta usata per la redazione dei documenti sostenendo che risale sempre a un lasso temporale precedente a quello a cui il teste li colloca. Sul banco dei testi è salito anche Filippo Rinaldi, l’esperto della Scientifica che ha analizzato i pizzini portati da Massimo Ciancimino e da lui attribuiti al boss Provenzano. Secondo il consulente, sarebbero stati redatti tutti dalla stessa macchina da scrivere che è però diversa da tutte quelle che, per quanto accertato dagli inquirenti, il capomafia avrebbe usato nel tempo. Ma la circostanza non escluderebbe la paternità dei pizzini al padrino che era solito cambiare macchine: in un breve lasso di tempo sarebbe arrivato per 11 bigliettini ne avrebbe usate 7 diverse.
A Rinaldi il presidente del collegio ha chiesto se è possibile, come dice Massimo Ciancimino, che i pizzini agli atti del processo siano stati scritti da Provenzano tra il ’92 e il 2002. Il consulente ha spiegato che non conoscendo l’ uso che è stato fatto della macchina da scrivere, quindi quanto fosse usurata, non è possibile stabilirlo. “Ma certo – ha aggiunto – hanno tutti le stesse anomalie grafiche. Quindi se la macchina fosse stata sottoposta a un uso intensivo per 10 anni i bigliettini non presenterebbero le stesse caratteristiche”.
Solo uno dei 55 documenti dati da Massimo Ciancimino ai pm è un collage fatto dal figlio dell’ex sindaco di Palermo, sostengono i consulenti della Procura. Lo scritto, consegnato alla dda di Caltanissetta, e coincidente in alcune parti con un altro dato ai pm di Palermo, si compone di due pezzi: uno, il sinistro, attribuito dai consulenti al figlio di Ciancimino; l’altro, il destro scritto da don Vito. Le due parti sono state fotocopiate in un unico foglio. La “manipolazione”, che è grossolana, si evince, oltre che dalla grafia diversa, dal colore e dalla datazione delle carte degli originali messi insieme in fotocopia. Secondo i consulenti, che hanno fatto analisi grafologiche e merceologiche, sarebbe l’unico documento “alterato” dal testimone. Integri sarebbero, invece, tra gli altri, il papello e il cosiddetto contropapello scritto da Vito Ciancimino per “attenuare” le richieste, a suo dire folli, fatte nel papello dal boss Totò Riina.