PALERMO– Marcello, dove sei? Sono nove anni che manchi da casa. Nove anni oggi. Il tempo passa. I titoli dei giornali appassiscono come i fiori delle nostre migliori primavere, quando l’amore ci permetteva di abbracciarci. Digiti ‘Marcello Volpe scomparso’ e trovi pezzi di repertorio, le foto di un ragazzo che aveva appena vent’anni quando, a Palermo, uscì di casa per non fare ritorno.
Dove sei tu? Digitiamo, clicchiamo, sfogliamo e ci vieni incontro come un enigma, come un rompicapo senza risposta. I labili indizi della tua assenza li conosciamo a memoria. Tu che esci in maglietta e scarpe da tennis, dall’appartamento di famiglia in zona Fiera. Tu che l’indomani avresti festeggiato i tuoi vent’anni. Tu che prometti: rientro subito. Tu con il tuo cellulare irraggiungibile. Sono nove anni. Dove sei?
E abbiamo raccontato la tua storia, alzando le braccia al cielo quando sembrava che ci fosse una svolta decisiva per poi riabbassarle. Monica, Massimo e altri: tutti i colleghi che hanno seguito il tuo caso con una speranza nel cuore. E siamo invecchiati, con questa speranza. E noi le crediamo ancora. Noi che conosciamo un altro tipo di lontananza, quella del distacco definitivo che almeno ti permette di tirare la riga del dolore. E vogliamo bene a tua madre, alla tua famiglia che, invece, devono soffrire il dolore più tremendo che c’è, il male di chi non può nemmeno rassegnarsi e sbircia, ogni mattina, da una porta socchiusa.
Tua mamma, Laura, ha scritto su Facebok: “9 anni senza di te”. E una foto. Un numero e quattro parole, come chi è stanco di correre, inseguendo un miraggio, ma non può smettere. Ora dice al telefono con un filo di voce: “Sono nove anni, il pensiero va sempre lì. La Procura di Palermo ha indagato con scrupolo e con impegno. Ora non c’è più dove indagare. Hanno fatto il possibile. Ma è come se mio figlio fosse stato inghiottito dalla terra. Certe volte penso che sia morto. Altre, che sia vivo e che abbia trovato una sua dimensione. L’incertezza distrugge. Il mio Marcello era un bambino di vent’anni. Io spero, ma la speranza è anche un veleno e non ti permette di dimenticare. No, non possiamo smettere”.
E chissà quante volte ti ha sognato Laura. Che bussavi alla porta. Che salutavi dal basso lei alla finestra. Che tornavi ed era stato tutto un brutto sogno. Marcello, figlio dell’amore e della speranza che non sa smettere di sperare, dove sei?