L’inchiesta Camaleonte ha preso il nome proprio dalla capacita di Mario Strano di adattarsi alla strategie mafiose e di mimetizzarsi tra i vari settori del crimine. Ex boss di Cosa nostra, del gruppo Monte Po (quartiere catanese al confine con Misterbianco), alla fine della prima decade del nuovo millennio crea un’alleanza con i Carateddi di Sebastiano Lo Giudice e Orazio Privitera, con il ‘bacio’ di benedizione dei Lo Piccolo di Palermo.
Sul Mensile S, in edicola, i verbali integrali dei pentiti che puntano il dito sull’indagato.
Il passato da ‘rapinatore’
Nella ‘mala’ catanese lo chiamano ‘Mario acchiana e scinni”. Strano è un ex rapinatore in trasferta. Esperto nei colpi in banca. Il suo curriculum criminale si apre infatti così. Poi con i fratelli Alessandro, Claudio e Marco si apre la strada verso i Santapaola.
Il nuovo ‘corso’ del boss
Nei faldoni dell’inchiesta condotta dalla Squadra Mobile di Catania e dallo Sco di Roma, coordinata dalle pm Antonella Barrera e Tiziana Laudani, si trovano racconti giudiziari e investigativi mai svelati sul conto del ‘camaleontico’ Mario Strano. Che avrebbe creato un ponte di collegamento tra Catania e Malta nel traffico di droga e, inoltre, avrebbe “investito” nei trasporti soldi – per la magistratura – non puliti. Molti input arrivano dai verbali dei collaboratori di giustizia.
I verbali dei pentiti
Quattro pentiti che conoscono Mario Strano molto da vicino, anche per motivi di ‘parentela’ acquisita: Concetto Bonaccorsi e il figlio Salvuccio, Sebastiano Sardo e Francesco Di Mauro. Quest’ultimo fornisce indicazioni sulla sua “caratura” e posizione “all’interno del clan Cappello Bonacorsi” in particolare per il gruppo Monte Po – Picanello. A Picanello infatti Mario Strano ha la sua sua residenza.
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