Per 20 anni nel 'cappio' del pizzo Santapaola, 16 arresti e 2 fermi

Per 20 anni nel “cappio” del pizzo|Santapaola, 16 arresti e 2 fermi

L'accusa è di estorsione. In manette esponente del gruppo di San Giovanni Galermo e degli Assinnata di Paternò. I NOMI.
BLITZ DEI CARABINIERI
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CATANIA – Denunciare conviene sempre. E lo Stato risponde in tempi brevissimi. I carabinieri hanno arrestato 16 persone e fermato due indagate, tutti collegati al clan Santapaola-Ercolano, coinvolte in un’estorsione ai danni di un commerciante che opera nel settore della grande distribuzione. In manette sono finiti i vertici del gruppo di San Giovanni Galermo (colllegato al quartiere del Villaggio Sant’Agata) e i capi della famiglia “Assinnata” di Paternò (referenti territoriali di Cosa nostra. 

I nomi degli arrestati 

A finire in carcere sono Salvatore Basile, 49 anni, Carmelo Basile, 71 anni, Salvatore Fiore detto Turi Ciuri, 53 anni, Salvatore Gurrieri detto il Puffo, 47 anni, Giovanni La Mattina, 60 anni, Luca Marino, 38 anni, Roberto Marino, 61 anni, Vincenzo Mirenda, 47 anni, Francesco Lucio Motta, 34 anni, Cristian Paternò, 39 anni, Rita Spartà, 44 anni. Ai domiciliari, invece, Domenico Filippo Assinnata, 68 anni, Domenico Assinnata jr, 30 anni, Angelo Mirenda, 56 anni, Angelo Mirenda, 56 anni, Arturo Mirenda, 59 anni, Alfio Emanuele Longo, 35 anni. Invece, i due fermi (che quindi attendono udienza di convalida dal Gip) sono Gaetano Riolo, 52 anni, e Francesca Spartà, 38 anni. Tutti sono indagati per il reato di estorsione aggravata in corso. 

La denuncia 

La denuncia del commerciante è arrivata lo scorso aprile ai carabinieri. Il clan Santapaola-Ercolano avrebbe chiesto a padre e figlio, titolari di una nota catena di supermercati, il pagamento del pizzo in cambio della “classica” protezione mafiosa. Le indagini hanno appurato che i taglieggiatori apparterebbero al gruppo mafioso operante a San Giovanni Galermo. Negli anni, arresto dopo arresto, si sarebbero passati il testimone. 

Dal 2001 ad oggi nel cappio del pizzo

Il contatto sarebbe avvenuto nel 2001 quando l’imprenditore-vittima ha avviato un punto vendita ad Aci Sant’Antonio. La minaccia sarebbe stata chiara: “o paghi o ti facciamo saltare in aria il supermercato”. La prima richiesta sarebbe stata di 350 euro, che piano piano sarebbe lievita a 700, poi a 1.000 ed infine a 1.500 euro. La ‘tassa’ mafiosa sarebbe aumentata in base all’apertura di altri supermercati a Valcorrente (Belpasso) e Misterbianco e di un Bar Tabacchi nel rione San Giorgio a Catania. Inoltre, per tenere fede ai riti mafiosi, gli imprenditori avrebbero dovuto consegnare in occasione delle festività pasquali e natalizie somme che variano tra i 500 ed i 1.500 euro. 

Il ruolo delle donne

Nella gestione dell’incasso del pizzo avrebbero avuto un ruolo cruciale alcune donne del clan. In particolare le sorelle Rita e Francesca Spartà, rispettivamente mogli di Gurrieri e Salvatore Basile, avrebbero sostituiti i mariti nella riscossione delle tangenti. Un’altra indagata, ma non colpita da misura, è Maria Antonietta Strano, moglie di Roberto Marino, avrebbe avuto il compito di ricevere direttamente a casa le “rate” dell’estorsione.

Il Covid ferma la riscossione del pizzo 

La pandemia ha messo in crisi anche la mafia. Infatti  ci sarebbe stata una ‘pausa’ forzata nei versamenti nel periodo del lockdown dovuto all’emergenza Covid. Ma dopo ferragosto, Francesca Spartà sarebbe andata a battere cassa. E avrebbe preteso anche le mensilità arretrate. Inoltre l’avvertimento: “Non hai più la nostra protezione”. Detto fatto: il giorno dopo al supermercato sono arrivati tre malviventi travisati e armati di pistola. 

Lo champagne agli Assinnata

Non solo il pizzo al gruppo di San Giovanni Galermo. I commercianti sarebbero stati costretti a cedere nel periodo natalizio gratuitamente al boss paternese Domenico Assinnata ceste regalo e litri di champagne. Inoltre le vittime avrebbero versato somme di denaro al nipote Mimmo Assinnata jr, pentito per qualche mese lo scorso anno, “per aver effettuato una spedizione punitiva” poi non andata a buon fine. 

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