PALERMO- Francesca ha un sorriso come le super-eroine dei fumetti, che oltrepassa la mascherina e si spande nell’aria, luminoso e leggero. Francesca combatte in un reparto Covid. Così dice la sua bambina: “Mamma va a combattere, sconfigge il virus e da domani possiamo uscire”. Francesca Gaia Provenzano, trentaquattro anni, figlia di Enzo, il ‘Messi’ della diabetologia, oggi al comando delle truppe dell’ospedale Civico di Partinico. Siccome buon sangue non mente, lei ha scelto di lavorare in una corsia di malati di Coronavirus accanto a papà che non avrebbe voluto perché si preoccupa per sua figlia. Ma lei, che è dolcemente ostinata, è andata lo stesso. Scusa, papà: mica potevo lasciarti solo.
Padre e figlia insieme
Ed è già questa una storia: il padre e la figlia. Il padre che cantava la ninna nanna, che aiutava nei compiti che teneva per mano, adesso ha la sua ragazza nel cuore del pericolo e della speranza, con lui. Possiamo immaginarlo oltremodo orgoglioso. E terribilmente spaventato.
Francesca racconta la sua giornata, con molta riservatezza. Ha accettato soltanto perché pensa di potere dare un messaggio utile. E si sbaglia per difetto: il messaggio profuma di bellezza. Francesca racconta: “Vorrei partire dalle soddisfazioni, quando un paziente difficile guarisce, quando riusciamo a dimettere qualcuno, a liberarlo dal casco con l’ossigeno. Allora si esulta, è vero, come per un gol. E poi ci sono i traumi, le storie che finiscono male. Ci sono dei colleghi neolaureati che hanno una comprensibile inesperienza nel gestire le emozioni estreme. Vedo che si trattengono. E piango per loro. Stiamo condividendo, tutti, una esperienza spirituale molto forte, che non dimenticheremo più e che sarà con noi per sempre. Io mi occupo di medicina interna, il mio primo amore è la diabetologia, sono stata in pronto soccorso per un anno, un’occasione molto formativa, per le decisioni che si devono prendere in pochissimo tempo”.
La giornata che comincia presto
Nel frattempo, mentre Francesca parla, il suo sorriso è una benedizione auscultabile pure al telefono. Non per inconsapevolezza. E’ un alleato che dà coraggio, quel sorriso, che illumina l’ora più buia.
“Sì – dice Francesca – papà non è stato contento della mia scelta, ma io volevo esserci lo stesso. Stavo male, pensando che i miei colleghi erano lì e io non c’ero. Sono un medico, no? I medici vanno dove c’è più bisogno. E io credo nella forza dell’impegno e dell’amore. La mia giornata? Entro prima delle otto, visitiamo i pazienti uno per uno, con difficoltà perché siamo bardati di tutto punto, da astronauti, diciamo per scherzare. Ci sono le terapie, ma ci sono anche le parole per confortare, i baci dei parenti da portare. I parenti che sono lontani, perché chi ha il Covid è solo. E allora ci vuole qualcuno che sia il tramite dell’amore. Mettiamo i telefonini dei pazienti sotto carica, ci preoccupiamo se non mangiano, stiamo con loro in ogni frangente, io non esco mai dal reparto. Si torna a casa e si continua a chattare, a telefonare, per sistemare, per provvedere, per non abbandonare…”.
A casa, Francesca prepara da mangiare, fa la mamma. La sua bambina, orgogliosamente, le chiede: “Mamma l’hai ucciso il virus?”. Lei sorride ancora prima dell’ultima buonanotte al telefono. Tesoro mio, se deve succedere qualcosa di brutto. spero che tocchi a me, non a te. Ma che dici, papà…. E adesso cantami una ninna nanna.