"Lo Piccolo scelse Lo Giudice" Rolex in regalo per il rito mafioso - Live Sicilia

“Lo Piccolo scelse Lo Giudice” Rolex in regalo per il rito mafioso

Il boss al 41bis Sebastiano Lo Giudice
“Nessun transito nel clan Cappello”. Le precisazioni del boss Mario Strano, imputato nel processo Camaleonte.

CATANIA – Due piani per formare una terza famiglia di Cosa nostra a Catania sembrano essersi incrociati oltre un decennio fa. Da un lato il progetto pensato da dietro le sbarre da Francesco Squillaci, vertice della famiglia Martiddina della frazione belpassese di Piano Tavola e killer del poliziotto Gianni Lizzio, che alcuni anni fa ha voltato le spalle alla mafia e ha deciso di vuotare il sacco ai magistrati. Dall’altro quello che avrebbe avuto la benedizione di alcuni componenti della cupola palermitana che avrebbero scelto il ‘folle’ ergastolano al 41bis Iano Lo Giudice, pronto a seminare terrore e sangue pur di accaparrarsi lo scettro di “padrino” di Catania.

La terza famiglia di Cosa nostra

Per la “creazione” della terza famiglia Francesco Squillaci avrebbe iniziato una serie di ‘pungiute’ in carcere, tra questi anche quella di Mario Strano, nel 2009 in procinto di lasciare la cella, a cui il boss di Piano Tavola avrebbe affidato il compito di operare dall’esterno. Ma qualcosa però non è andato secondo i ‘piani’ di “Martiddina” che non ha mai accettato l’alleanza che i fratelli hanno siglato con i Carateddi. Non sarebbe stato questo il suo progetto e per questo, secondo Squillaci, Mario Strano non avrebbe eseguito le sue direttive.

Le precisazioni del boss Strano

Il boss di Monte Po, però, dopo l’ultimo arresto – come già svelato in esclusiva da LiveSicilia – durante l’interrogatorio con i pm fa alcune precisazioni ‘sia storiche’, sia ‘relative alle ultime contestazioni’ del processo che lo vedono imputato. Mario Strano è fermo su un concetto: l’accordo sancito con Sebastiano Lo Giudice passava dalla ‘strategia’ di formare un’altra famiglia ma sempre inserita in Cosa nostra. 

“Un ragazzo voluto bene a Palermo”

“Nel 2009 dopo il patteggiamento del processo Plutone mi designarono come soggetto che avrebbe dovuto portare avanti il progetto di Ciccio La Rocca”, si legge nel verbale di interrogatorio in veste di indagato. “Io andai agli arresti domiciliari nel marzo 2009 e fui contattato da Nicolò Squillaci (fratello del pentito Francesco, ndr) e da Giovanni Cavallaro, i quali mi dissero che bisognava proseguire nel progetto. Nicolò mi disse che Ciccio La Rocca o il padre gli avevano detto che c’era un ragazzo che era voluto bene a Palermo ed era Sebastiano Lo Giudice e mi disse che doveva essere battezzato”.

Il rolex in regalo durante la cerimonia mafiosa

Il rito mafioso si sarebbe svolto nell’abitazione del boss di Monte Po. “In effetti Lo Giudice fu battezzato a casa mia – si legge nel verbale – regalò un rolex a Nicolò Squillaci, il quale divenne il suo padrino, il terzo uomo d’onore presente a tale cerimonia era Giovanni Cavallaro”.

La scelta dei Lo Piccolo

Lo Giudice – come già documentato nei filoni d’inchiesta Revenge – ha ricevuto la benedizione direttamente dai Lo Piccolo. Strano alla notizia non avrebbe gradito l’indicazione dei palermitani, anche perché il boss non faceva parte di Cosa nostra. “Nicolò Squillaci – spiega Strano – mi disse che il figlio minore dei Lo Piccolo era venuto a Catania e aveva detto che bisognava individuare il reggente di questa nuova famiglia che era pur sempre Cosa nostra nella persona di Sebastiano Lo Giudice, cosa che io contestai nell’immediatezza – racconta l’imputato-  dicendo che mi sembrava incomprensibile fare reggente un soggetto che proveniva dal clan Cappello-Carateddi”.

Ma le rimostranze di Mario Strano non avrebbero avuto effetto, perché Nicolò Squillaci avrebbe ottenuto dall’intesa mafiosa rassicurazioni di importanti fette di mercato della droga. All’epoca Sebastiano Lo Giudice controllava diverse piazze di spaccio. “Ho capito che Lo Giudice – ipotizza il boss di Monte Po – aveva dato alcune quote agli Squillaci, garantendo loro lauti proventi del narcotraffico”. 

Il summit per l’annuncio

La notizia della ‘formazione’ della terza famiglia catanese di Cosa nostra (dopo Santapaola e Mazzei, ndr) sarebbe stata annunciata durante un summit mafioso di altissimo livello militare.

“Nel 2009 ci fu un incontro – racconta Strano – cui furono presenti tutti i capi del clan Cappello all’epoca in libertà, tra cui sicuramente Giovanni Colombrita ed Orazio Privitera, in cui Sebastiano Lo Giudice dichiarò di essere fuoriuscito del clan Cappello-Carateddi e di essere un’unica cosa con gli Strano e gli Squillaci, pur asserendo che sarebbe rimasto a loro disposizione ove il clan Cappello avesse avuto bisogno di lui”. 

“Nessun transito nei Carateddi”

Il boss insiste sulla rilettura giudiziaria dell’accordo con ‘u carateddu”. “In sostanza l’alleanza tra Sebastiano Lo Giudice, gli Strano e gli Squillaci non fu nel senso che queste ultime due famiglie erano transitate nel clan Cappello-Carateddi, ma, al contrario che Lo Giudice era fuoriuscito da quel clan divenendo Cosa nostra, come lo erano gli Strano e gli Squillaci”. 

Acchiana e scinni (questo il nomignolo mafioso da ex rapinatore in trasferta di Strano, ndr) inoltre evoca le parole di alcuni pentiti per blindare le sue precisazioni sul fatto che all’epoca non è transitato con i Carateddi. “Questa situazione, peraltro, – argomenta – viene raccontata dal collaboratore Salvatore Bonaccorsi nel verbale depositato agli atti del fascicolo, quando Bonaccorsi racconta che suo zio Ignazio non aveva accettato questa iniziativa di Lo Giudice e lo aveva anche rinnegato come nipote”. 

A questo punto, però, sorge una domanda: perché Strano decide di fare queste precisazioni l’estate scorsa e non subito dopo il blitz Revenge nel 2009? Il “camaleonte” della mafia – così come è stato definito dagli investigatori – nel corso del processo potrebbe regalare nuove sorprese.  

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