PALERMO – Poco dopo le 9 di domenica mattina Pietro Morreale si reca in caserma a Caccamo. Sa già che Roberta Siragusa è morta visto che è lui stesso ad accompagnare gli investigatori sul luogo dove viene ritrovato il cadavere eppure quella stessa mattina ha sostenuto il contrario in due occasioni.
La Procura di Termini Imerese ritiene che sia lui l’assassino, anche se Pietro racconta che la fidanzata si è data fuoco con della benzina “e poi si è buttata”. Si sta difendendo e racconta la verità oppure sta mentendo?
“Versioni discordanti”
Secondo i pm e i carabinieri, le sue sono solo bugie. Ecco cosa scrivono i magistrati del decreto di fermo che deve passare al vaglio del giudice per le indagini preliminari. il quale può convalidarlo, applicando una misura cautelare, oppure no e scarcerare l’indagato: “Le versioni discordanti rilasciate dall’indagato, il rilevante tempo trascorso dal momento dell’evento e la chiamata effettuata alle forze di polizia dimostrano l’intenzione di Pietro Monreale di crearsi artatamente una versione dei fatti verosimile e di rallentare i soccorsi”.
“Personalità proclive al delitto”
Ed ancora. “Tali circostanze fanno ritenere con un grado di probabilità che rasenta la certezza che qualora l’indagato rimanesse in stato di libertà potrebbe sottrarsi alle ricerche al conseguente in quanto inevitabile arresto. La personalità dell’indagato per come emerge dall’attività di indagine finora espletata si dimostra particolarmente proclive al delitto nonché insensibile alla gravità dell’evento verificatosi. L’evidente stato confusionale dell’indagato potrebbe condurlo a compiere gesti altrimenti non immaginabili compreso, il darsi alla fuga sentendosi braccato”.
Bugie, dunque, per evitare l’arresto, dicono gli investigatori. Si torna al punto di partenza. Già alle 9 di domenica mattina Pietro Morreale sapeva che il corpo di Roberta giaceva fra le sterpaglie in un luogo malsano. Eppure per due volte ha detto di non sapere dove fosse la fidanzata.
Le parole delle alla mamma
Lo ha detto alla mamma di Roberta che cercava la figlia con la disperazione che solo una madre preoccupata e impaurita può avere dirupo. “L’ho accompagnata a casa, non abbiamo litigato”, così le ha detto. Lo ha ribadito, sempre domenica mattina, ad un amico che lo ha chiamato perché anche lui si era attivato nelle ricerche. “L’ho riaccompagnata a casa verso le 2”, è stata la risposta. Ed invece, anche se non fosse stato lui ad ucciderla, sapeva che Roberta era morta.
A questo si aggiungono i messaggi che Roberta si è scambiata, la notte del decesso, con un amico a cui ha confidato di trovarsi con Pietro che voleva avere un rapporto sessuale. Sono i messaggi che potrebbero avere scatenato la gelosia di Petro?
I racconti degli amici
Ci sono poi i racconti degli amici che sapevano da tempo delle violenze subite da Roberta, minacciata di ritorsioni dal fidanzato morbosamente geloso qualora avesse parlato con i genitori. Una ragazza dice: “So che ha una relazione con Pietro, la picchiava, la minacciava. le diceva che se avesse riferito di queste violenze avrebbe fatto del male a lei e alla sua famiglia”.
Un amico conferma che “ho detto più volte di interrompere la relazione con Pietro perché sarebbe accaduto qualcosa di brutto e lei mi diceva che aveva paura delle minacce di Pietro”. Che il loro rapporto fosse malato era purtroppo risaputo.
E soprattutto c’è una telecamera che filma due volte il passaggio della macchina di Morreale lungo la strada che porta al luogo dove è stato trovato il cadavere. Pietro è passato da lì alle 2:37 ed è tornato indietro alle 2:43. Successivamente è arrivato alle 3:28 ed è andato via alle 3:40. Dodici minuti davanti al dirupo dove c’era il corpo di Roberta, i cui segni “non sono riconducibile alla morte per combustione”. L’assassino avrebbe cercato di distruggere il cadavere.