Confcommercio attacca: "Numeri da zona bianca ma silenzio dal Governo"

Dura lettera a Musumeci: “Dati da zona bianca ma silenzio dal Governo”

L'associazione attacca il presidente della Regione.
CONFCOMMERCIO
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CATANIA – Silenzio e mancata presa di posizione. È un accusa affatto velata quella di Confcommercio Catania nei confronti del governo regionale e del suo presidente.

Contro la zona arancione

Una scelta immotivata, l’aranzione, secondo il “Sistema Confcommercio Catania” che, si legge in una nota stampa “non ha gradito la posizione del Governo regionale sul passaggio alla zona arancione. Per questo, l’Associazione dei commercianti, si rivolge al presidente Musumeci con una dura lettera a firma del presidente Pietro Agen che non risparmia critiche dai toni aspri all’atteggiamento passivo adottato dal Governatore”.

La lettera

“Caro Presidente, 

sento il dovere, come Confcommercio Catania, di farmi portavoce del profondo malessere che colpisce l’intero mondo imprenditoriale della nostra provincia. Siamo stanchi, avendo parametri da zona bianca o quasi, di essere trasformati in zona arancione, senza che dal Suo Governo, da Lei, dai Suoi Assessori e dalla maggioranza della rappresentanza politica siciliana, si levi una sola presa di posizione forte per rivendicare non privilegi ma, semplicemente, giustizia.

Chiudere bar, ristoranti, piscine, palestre, bloccare eventi di ogni tipo, di fatto anche i matrimoni, mentre si moltiplicano gli assembramenti per inaugurazioni, conferenze stampa e quant’altro, è un’offesa all’intelligenza dei Siciliani, come lo è stato l’aver permesso, in zona gialla, l’apertura esclusivamente per il pranzo del mezzogiorno, cosa che in alcune zone ha determinato, questo si, sconsiderati assembramenti.

E’ chiaro che con le aperture a singhiozzo, con le chiusure insensate, a fronte di un indice di contagio neppure lontanamente assimilabile a quello di altre regioni, si ottiene il solo risultato di distruggere definitivamente l’economia siciliana.

Se il piano vaccini è stato fino a ieri un grande flop non è colpa nostra, se il clima siciliano ci favorisce non è colpa nostra, anche una crescita dei comportamenti virtuosi ci ha permesso i risultati raggiunti, incredibilmente migliori rispetto al Nord Italia, non è colpa nostra!

Per questo e per tanto altro Le chiediamo, finalmente, di rompere il silenzio, di assumere posizioni dure, di rivendicare, per una volta tanto, la nostra diversità in positivo.

Sue e di quanti La collaborano, saranno le responsabilità per il silenzio imbarazzante di questi giorni, silenzio che non può essere certamente lenito da interventi di sostegno, sempre più paragonabili a semplici elemosine”.

Interviene la Fipe

Anche il presidente regionale della FIPE, Dario Pistorio, ha scritto direttamente al presidente del Consiglio Draghi. Una lettera accorata per sensibilizzare il capo del Governo sulla situazione dei titolari dei pubblici esercizi. Sì, ristoranti, bar, pizzerie, gelaterie e tutte quelle attività di somministrazione costrette ad un apri e chiudi continuo che non ha fatto altro che mandare in malora scorte di cibo, confondere la clientela e lasciare a casa il personale spesso senza un soldo di cassa integrazione.

Ristoratori infuriati

“I dati forniti dall’assessorato alla salute della Regione Sicilia – spiega Giovanni Trimboli, presidente dei ristoratori FIPE Confcommercio – non combaciano con la scelta del governo nazionale di passare l’isola in zona arancione: i contagi sono stabili, decisamente inferiori al resto d’Italia e molto più vicini a quelli della Sardegna che resta in zona bianca. Contestiamo l’inerzia con cui il Governo regionale ha subìto questa scelta. Il presidente Musumeci, come Ponzio Pilato, se ne lava le mani rimandando tutto al potere centrale. Questa ennesima chiusura determinerà il fallimento di numerose aziende che non potranno più alzare la saracinesca. Ci sorprende anche – continua Trimboli – il tacito assenso dei 60 parlamentari che rappresentano la Sicilia al Governo, nessuno ha preso posizione, restando allineati su una scelta scellerata che danneggia l’economia del territorio. Anche questa volta, la politica rimane distante dai bisogni dei cittadini e delle imprese. Davanti a tutto questo non ci resta che intraprendere un concreto sciopero fiscale rifiutando di pagare tutti quei servizi che non ci vengono erogati”. 

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