GIARRE – Scoppia il caso “gettoni di presenza” al Comune di Giarre. Una querelle nata da alcune segnalazioni dell’ex presidente del Consiglio comunale, Raffaele Musumeci, che si è rivolto all’assessorato regionale agli Enti locali, che ha avviato un’attività ispettiva su presunte irregolarità nell’erogazione dei gettoni di presenza ai capigruppo.
Il consigliere Patanè
A occuparsene è il consigliere Leo Patanè che ricostruisce la questione a livello normativo ed evidenzia alcune “coinidenze”. “È d’obbligo precisare che gli Uffici Comunali hanno sempre erogato il gettone ai capigruppo dal 2009, anno in cui è stato introdotto – scrive. Ciò accadeva anche quando il Sig. Raffaele Musumeci ricopriva la carica di Consigliere e Presidente del Consiglio, con l’obbligo quindi di vigilare sul corretto operato dell’intero Consiglio. Tuttavia, mai in passato, anche quando lo stesso Musumeci percepiva i gettoni da capogruppo, aveva segnalato presunte irregolarità”.
La normativa
Patanè sottolinea inoltre come “La normativa prevede come unica condizione per l’erogazione del gettone il principio dell’effettiva partecipazione alle Commissioni. Nulla è stabilito sui capigruppo. Quindi – continua – in base a tale principio, chi ha partecipato alle commissioni anche come Capogruppo con diritto di intervento, ha ricevuto da sempre il gettone di presenza in conformità alla legge ed al regolamento comunale vigente”.
I dubbi
Patanè parla di “dubbi” relativi al dettato normativo sulla materia, per poi aggiungere: “Successivamente, nel 2019, l’Assessorato Regionale, sollecitato dai continui esposti del Musumeci, ha espresso un parere con il quale, interpretando in maniera diversa la Legge n. 30 del 2000, ha ritenuto che i gettoni non andrebbero erogati ai capigruppo in quanto non aventi diritto di voto”.
Gettoni da restituire
Gli Uffici Comunali, dunque, da giugno 2019 ad oggi hanno bloccato l’erogazione dei gettoni ai Capigruppo ma, oggi, l’assessorato chiede la restituzione di quanto indebitamente percepito. “Si è giunti quindi all’ultima nota dell’Assessorato Regionale del 20 aprile scorso – continua Patanè – con la quale si chiede al Comune di recuperare i gettoni erogati ai capigruppo nell’ultimo quinquennio sulla base della diversa interpretazione normativa data dallo stesso Assessorato con efficacia retroattiva”.
Interpretazione punitiva
Una interpretazione che, secondo Patanè, sarebbe punitiva nei confronti di coloro “che si sono resi più attivi nell’ultimo quinquennio partecipando alle varie commissioni, mentre i consiglieri che raramente hanno preso parte ai lavori, oggi dovrebbero restituire poco o nulla”.
Il precedente
Il consigliere ricorda quanto accaduto allo stesso Raffaele Musumeci, rispetto al quale pero precisa, “A scanso di equivoci, va chiarito che la vicenda di oggi è ben diversa da quella che ha coinvolto il Sig. Raffaele Musumeci nella qualità di presidente del Consiglio. Infatti – prosegue – nel caso del Musumeci esiste una norma chiara che prevede, per poter ricevere l’indennità di assessore o di presidente, una riduzione del 50 % qualora il beneficiario sia un dipendente pubblico. Non avendo Musumeci dichiarato di essere dipendente pubblico, ha illegalmente percepito per ben 5 anni l’indennità al 100 %, cosicché è stato costretto a restituire quanto indebitamente percepito, subendo anche un procedimento penale per truffa ai danni del Comune. Nel caso invece che riguarda oggi tutti i Consiglieri Comunali, non esiste alcun procedimento penale perché non è ravvisabile alcuna ipotesi di reato”.
La legge 30 del 2000
Patanè insiste: “Gli Uffici Comunali hanno applicato la Legge 30/2000 in linea con il regolamento comunale ed hanno sempre erogato i gettoni ai capigruppo sulla base del principio dell’effettiva partecipazione. È chiaro che i consiglieri non possono di certo cambiare la normativa Regionale o imporre agli uffici un’interpretazione diversa”.
Le domande
Infine Patané rivolge alcune domande relative non solo all’azione intrapresa da Musumeci – “Come mai, scrive, il Sig. Raffaele Musumeci, solo dopo aver restituito 45.000 euro e dopo la sua mancata rielezione al Consiglio Comunale, improvvisamente ritiene che la normativa non sia stata correttamente applicata” – ma anche alla “tempistica della nota dell’Assessorato Regionale che ha iniziato l’attività ispettiva nel 2019 e solo dopo 2 anni, a pochi mesi dalle elezioni amministrative, ha trasmesso questa nota conclusiva gettando ombre sull’operato degli uffici comunali e soprattutto creando un potenziale danno all’immagine degli attuali consiglieri comunali”.
L’imbarazzo tra i consiglieri
Difficile, secondo il consigliere, perà, rivalersi contro il Comune. “Resta, purtroppo, il fatto che, per far valere eventuali diritti dinanzi alla Magistratura competente, nascerebbe un contenzioso con il Comune, mettendo così a disagio i consiglieri comunali attualmente in carica i quali, per il ruolo ricoperto, avrebbero difficoltà ad agire in giudizio per non correre il rischio di eventuali incompatibilità paventate nell’atto di diffida” – conclude.