Pandetta indagato per concorso esterno: "Mafia? Operazione di marketing"

Pandetta indagato per concorso esterno: “Mafia? Solo per marketing”

Il trapper neomelodico è stato interrogato a gennaio dalla Dda etnea.

CATANIA. Il cantante neomelodico si ‘pente’ di avere dedicato una canzone allo zio boss e davanti ai magistrati dice che non lo rifarebbe. Lui è Niko Pandetta, giovane cantante finito sotto inchiesta a Catania per concorso esterno in associazione mafiosa. L’artista è stato interrogato a gennaio dalla Dda di Catania, come scrive oggi ‘La Sicilia’, e ha ammesso di avere “sbagliato” ad ammiccare alla mafia. Più che altro una “operazione di marketing”. Con uno scopo preciso: “Costruire un personaggio che potesse colpire il pubblico, per farmi pubblicità”. Del resto, rivela, “oggi non rifarei più la canzone che all’epoca ho scritto per mio zio, perché mi rendo conto di quanto sia stato pesante il testo che ho a lui dedicato”. “Non è un pentimento dal punto di vista giuridico, perché di fronte non c’è un affiliato che collabora.

Dai pm dubbi sulla sincerità

E i pm di Catania, che hanno raccolto le parole di Niko Pandetta, continuano a nutrire dubbi sulla sua sincerità – si legge nell’articolo a firma di Mario Barresi – Ma il cantante neomelodico, finito sotto inchiesta per mafia, stavolta è chiaro. A partire dal brano inneggiante al boss Salvatore Cappello, una hit dai versi inequivocabili (‘Zio Turi, io ti ringrazio ancora per tutto quello che fai per me, sei stato tu la scuola di vita che mi ha insegnato a vivere con onore, per colpa di questi pentiti sei chiuso là dentro al 41 bis’), sui quali il nipote trapper adesso aggiusta il tiro”. “All’epoca ero un’altra persona, ero giovane e volevo fare successo, ma non avrei mai creduto – si giustifica – che avrei avuto tutta questa influenza sul pubblico specialmente giovanile”. “Il fascicolo parte dalla bufera per le parole di Pandetta e di un altro neomelodico, Leonardo Zappalà, nel corso di un programma Rai, ma i magistrati sono al lavoro anche su eventuali rapporti con ambienti mafiosi, oltre che sui legami fra Pandetta e lo zio al 41-bis dal 1993 – si legge nell’articolo- L’interrogatorio di Pandetta, assistito dall’avvocato Maria Chiaramonte, parte proprio dal contenuto della puntata di Realiti”. “Rispetto al mese di giugno 2019 io sono cambiato, sono cresciuto e oggi – precisa il “Leone di Cibali” – ho molti più follower di prima”. E aggiunge: “Mi rendo conto che ho assunto atteggiamenti biasimevoli in quella occasione, ma il mio scopo era quello di costruire un personaggio che potesse colpire il pubblico per farmi pubblicità». Dunque, come se fosse un Fedez marca liotru, il trapper neomelodico ammette: «Era una chiara operazione di marketing, anche se mi rendo conto oggi di avere sbagliato”. E si dissocia anche dal “collega” (‘un ragazzo di Paternò, tale Zappalà’) che aveva infangato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dicendo che “sanno le conseguenze” quando fanno “queste scelte di vita”.

“Fatti un tatuaggio, ti scrivi Falcone e Borsellino, e risolvi i problemi”

Per Pandetta “dichiarazioni sgradevoli”, che “io non ho condiviso e che comunque non mi appartengono”, a lui “attribuite senza che io ne avessi colpa”. “Quasi come se avesse ascoltato il consiglio “antimafia” del boss palermitano di Borgo Vecchio, Jari Ingarao, emerso in un’intercettazione: ‘Fatti un tatuaggio, ti scrivi Falcone e Borsellino, e risolvi i problemi’, diceva al neomelodico – scrive Barresi – Che, nell’interrogatorio, si lamenta del fatto che, a causa delle polemiche «non ho potuto esibirmi su tutto il territorio nazionale». L’ultimo stop, a settembre, per un evento a Ostia. Oltre alle esternazioni in tv (fra cui l’ammissione di aver finanziato il suo primo cd con i soldi di una rapina), a Pandetta vengono contestati altri episodi. Tra cui le minacce al consigliere regionale campano Francesco Emilio Borrelli, mostrando una pistola durante una diretta Facebook. «Aveva reso dichiarazioni pesanti contro la mia famiglia, ed io mi sono arrabbiato», si difende, «e ho reagito in quel modo, sentendomi colpito nei miei sentimenti». I particolari: la pistola «però non era vera e funzionante, in quanto si trattava di una bomboniera!». Un gadget, dunque: “Me l’hanno regalata a un evento, una cresima a Brindisi, e la signora che me l’ha regalata mi ha chiesto di promuoverla per farle pubblicità”. (Fonte Adnkronos)


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