PALERMO – È stato un tira e molla, ma alla fine la Procura della Repubblica di Palermo ha ritenuto che non ci fossero i presupposti per ritenere che Angela Porcello volesse avviare una collaborazione con la giustizia. Anzi, la parola collaborazione non è stata neppure presa in considerazione dai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia.
L’avvocato Porcello, originaria di Canicattì, in provincia di Agrigento, si trova in carcere per associazione mafiosa e da pochi giorni le è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini insieme ad altre 20 persone. Inizialmente era soltanto la compagna di Giancarlo Buggea, considerato un capomafia, ma poi anche Porcello si è ritagliata un ruolo in Cosa Nostra.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, subito dopo l’arresto del febbraio scorso, Porcello aveva negato ogni suo coinvolgimento. Aveva ha detto di essersi occupata esclusivamente di vicende personali e professionali. Il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Calogero Ferrara, Claudio Camilleri e Gianluca De Leo l’hanno sempre pensata diversamente. Gli ultimi eventi hanno dato loro ragione.
Una serie di incontri
Porcello ha chiesto di parlare con i pubblici ministeri. Una serie di incontri, in attesa di una svolta vera. La volontà di chiudere con il passato è rimasto solo nelle intenzioni. Parole, nulla di più, trascritte nei verbali. L’avvocato non ha convinto. Si sarebbe soltanto limitata a qualche chiamata in correità. Nessun contributo nuovo alle indagini, ma solo circostanze già note a chi indaga.
Troppo generica
Su altri argomenti è stata generica, come sugli investimenti di denaro di uno dei suoi assistiti eccellenti, e cioè l’ex capo mafia di Agrigento Giuseppe Falsone. Anche questo è un fatto noto visto che Buggea, intercettato mentre parlava con la sorella di Falsone, diceva che “i soldi dei detenuti li ha Angela”.
Silenzio sui soldi
Di soldi in provincia di Agrigento ne giravano parecchi. I mafiosi fanno affari milionari con la vendita dell’uva da tavola in Italia nel mondo. Un business talmente lucroso da avere scomodato la famiglia mafiosa dei Gambino di New York,pronta riciclare montagne di soldi sporchi. I boss indicano i sensali a cui i produttori di uva e di altri prodotti ortofrutticoli devono rivolgersi per la commercializzazione.
L’affare milionario dell’Uva
Un affare da milioni di euro. Inizialmente se ne occupava il capo mandamento di Canicattì Calogero Di Caro, che però aveva deciso di delegare la gestione a un triumvirato, di cui avrebbe fatto parte Buggea. Al avolo degli affari, così come hanno ricostruito i carabinieri del Ros, hanno fatto di tutto per sedersi gli stiddari guidati da Antonino Gallea, ergastolano per avere fatto uccidere Rosario Livatino e a cui era stata concessa la semilibertà.
Negli equilibri fra stiddari e mafiosi è ai primi che Porcello avrebbe assegnato una certa supremazia. Anche questo, però, non ha convinto i magistrati. E adesso c’è chi sospetta che la donna stesse giocando una strana partita probabilmente per ottenere la scarcerazione che le è stata negata con il parere contrario della Procura.