Sarebbe stato addirittura Santo La Causa a inviare un biglietto a Enzo Aiello chiedendo di fare Melo Salemi “uomo d’onore”. È lo stesso collaboratore di giustizia – ed ex reggente della famiglia Santapaola-Ercolano – a raccontarlo ai magistrati. L’indagato, indicato dagli investigatori come l’ultimo capo di Picanello della famiglia Santapaola-Ercolano, avrebbe preso le redini del clan dopo la sua scarcerazione.
La linea di successione del clan
Salemi è già da un anno in carcere, quindi lo scettro del comando in questo momento è in mano a qualcun altro. La latitanza di Enzo Dato potrebbe essere un elemento da non sottovalutare visto che diversi pentiti raccontano che prima di prendere il comando Melo Salemi sarebbe stato lui assieme a Giuseppe Russo a gestire gli affari mafiosi.
Ma vediamo cosa ha raccontato nel 2018 Antonio D’Arrigo, detto Gennarino, ex affiliato del gruppo di Picanello.
“Dopo l’arresto di Comis, per un breve periodo, hanno preso la reggenza del gruppo Giuseppe Russo, detto il giornalista o l’elegante perché è il genero di Giovanni Piacenti detto “l’elegante”, e Enzo Dato, attualmente latitante. Dopo pochi mesi la reggenza è stata affidata a Melo Salemi, appena lo stesso è rientrato da Risposto dove scontava l’obbligo di soggiorno; come ho già detto Melo Salemi ha dimezzato gli stipendi di tutti perché non ha trovato soldi nella cassa”.
Gli incontri con il boss
Ma torniamo alle carte dell’inchiesta: le accuse nei confronti del capo di Picanello si compongono di intercettazioni, riprese video e fiumi di verbali di collaboratori di giustizia.
Melo Salemi incontra i suoi fidati soldati sia a Picanello, che a Mascali dove stava scontando nel 2018 la sorveglianza speciale. Nell’estate del 2018 le telecamere dei carabinieri lo immortalano al chiosco “Il vagabondo” a Mascali mentre incontra Giuseppe Russo ed Enzo Scalia. Tra giugno e ottobre 2018, nel chioso Ladies Bar a Picanello, si vede con Andrea Caruso e Russo.
Le intercettazioni
Gli affiliati cercano di non far capire chi è il nuovo capo. Usano una sorta di codice quando parlano, soprattutto al telefono. Ma i carabinieri fanno presto a capire che “il mare” è il boss Melo Salemi.
RUSSO: «Il mare lo hai visto il mare?»
DATO: «Certo…»
RUSSO: «Non ne ha intenzione questo?»
DATO: «…inc.le…»
RUSSO: «…il mare…»
DATO: «…inc.le…»
RUSSO: Non lo so, lo cercano tutti qua: “Come è finita? Si è portato i soldi… non è sceso quello, il “vecchio”, l’altro…». «Senti, non l’ho sentito, non lo so, so che è fuori per lavorare, sta cercando di comprare quattro macchine». «‘Mpare, ma si ragiona così? È da un mese». Qua c’è un macello, mio fratello, un macello…ci sono mille e nove di perdita… mille e nove, mio fratello!
Senza filtri è invece la conversazione di Andrea Consoli – il custode dei soldi del boss Giovanni Comis – con una donna che commentando il comportamento di Carlo Concorso (l’altro imprenditore arrestato) chiede una mediazione con la moglie di Comis “affinché la convincessero a dare i soldi che lo stesso aveva investito per realizzare l’edificio del marito”
“..e lui sostiene che la signora gli deve dare soldi! Si è avvicinato a Picanello da Salemi, Melo Salemi! E quello gli sta dicendo: “Se tu hai ragione ti facciamo dare i soldi!”. Perciò l’altro giorno sono venuti dalla signora, dice: “Ci dovete dare i soldi a questo!”
Solo il capo supremo avrebbe avuto il potere di andare dalla moglie di un boss del calibro di Giovanni Comis per chiedere di saldare dei conti in sospeso.