(R.P.) Immediatamente, come suole, si sono cristallizzati i due partiti contrapposti: la lega Zampariniana dell’amore e la cellula anti-zampariniana del rancore. A un minuto dal fischio finale della catastrofica (eh sì) elimininazione col Thun, i primi hanno fatto spallucce: che volete che sia, mentre i secondi hanno invocato l’irrogazione di pene e anatemi sul capo del “tiranno” friulano. Chi scrive pensa che il Palermo abbia messo in campo una bruttissima doppia prestazione, a causa di difetti macroscopici: alcuni emendabili, altri no. Cosa si può correggere? Soprattutto è urgente rinunciare alla scellerata difesa a tre che conduce Cassani e Balzaretti in lande desolate e lascia il centrocampo in balìa della superiorità numerica altrui. La rete degli svizzeri è nata da un movimento di confusione organizzata, peraltro tipico di chi non si trovi a suo agio col modulo. E non è una questione di abitudine, ma di sagacia o follia tattica.
Il Palermo di Pioli non sarà mai il Palermo di Rossi. E’ un guadagno? A noi pare che la coperta sia corta nel senso opposto. Quella squadra attaccava, divertiva, giocava e subiva. Questa si affida al contropiede: tutti dietro la linea della palla e ripartiamo. Segnerà di meno, illuminerà la scena di meno, e per ora non è affatto solida. In effetti, dovremmo parlare di coperta sfondata più che corta. I giocatori di maggiore talento e rappresentanza sembrano depressi, come avviluppati in una ragnatela di malinconia. Siamo sicuri che seguano Pioli al cento per cento e che non ci sia l’ombra del rimpianto? Siamo certi dell’impenetrabilità dello spogliatoio?
La traversata di Delio non fu tutta rose e fiori, bisogna ammetterlo per amore di verità. Ma c’erano passione e identità nell’esperienza di un allenatore-galantuomo, capace di incantare, al netto di clamorosi e deprecabili rovesci. L’esodo per la finale di Coppa avrebbe forse dovuto suggerire altre scelte. “Solo l’inizio”, recita la reclame rosanero per le strade. Speriamo e incrociamo le dita. Speriamo davvero che la scoppola svizzera non sia l’alba di un fallimento.