Ponte Corleone e il resto, catastrofe Palermo

Ponte Corleone e il resto, catastrofe Palermo

Ma l'avete vista com'è ridotta questa città?

Ma lavete vista Palermo, voi che discettate di futuro, che tagliate nastri e che avete in bocca tutte le parole tranne quelle che servono? E adesso cosa dite davanti alla catastrofe? E si scrive per difetto: catastrofe è un vocabolo che perde potenza rispetto all’effettivo spettacolo del caos che ognuno quotidianamente subisce. Lo pronunci oggi, come accadeva ieri e come succederà domani. Così, diventa un ritornello: catastrofe, catastrofe, catastrofe… tanto non cambia niente. E nessuno ti ascolta. Lo sconforto si trasforma in rassegnazione.

Ma l’avete visto il traffico, ieri e non soltanto? I palermitani bloccati a sgranare il rosario, in mancanza di altro. E se uno si sente male che fa? E se un’ambulanza deve passare, come riesce a violare il blocco? Questa esperienza è replicabile. Un giorno è il ciaffico. Un giorno è la munnizza. Un giorno è la pioggia che allaga i quartieri. Un giorno è il marciapiede. Un giorno è la buca. Ma l’avete vista questa povera città com’è ridotta? E non vi sembra di essere al timone del Titanic, con relativa orchestrina che suona prima dell’impatto? Solo che qui lo schianto, lo scruscio, c’è già.

Ma che volgarità, che orrore…. Ci sembra di vedervi, mentre commentate. Che cosa plebea parlare di ciaffico, di munnizza e di buche. Palermo è bellezza e armonia. Palermo è il riscatto. A Palermo perfino lo sfascio offre l’opportunità di una redenzione simbolica in favore di telecamera. Palermo è Palermo. Ma Palermo – si potrebbe rispondere – come tutto ciò che vive che cammina e che si muove è anche fisicità, contatto, viabilità, strade, palazzi, prigionie e libertà. Palermo non è semplicemente una bandiera o una metafora. Non è un trampolino per singole ambizioni. E’ una comunità che vorrebbe essere governata. E che scambierebbe, subito, un anno di decente amministrazione per dieci anni di visione. Grettezza? Potete pensarla così. Oppure esasperazione, quel sentimento che, davanti al nulla, reagisce con rabbia.

E ancora si discute di visioni, di ‘capitale’, di orizzonti impossibili con suggestioni che ricordano le brioches di Maria Antonietta, un probabile falso storico che è diventato l’emblema del superfluo. Perché prima c’è da sistemare l’emergenza presente, l’allarme totale. E c’è da arrestare la deriva che è servita, calda, anzi, bollente, in ogni giorno di pena, mentre l’orchestrina suona. Ma l’avete vista Palermo?


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